LA STORIA DELLE CORSE - La strada verso l’elettrico è segnata. A sostenerlo è Giampaolo Dallara (nella foto qui sopra), patron dell’omonima azienda fondata nel 1972, durante un incontro con i partecipanti dell’eRaid, l’evento creato per verificare le potenzialità turistiche dell’auto elettrica. Un tour di oltre 1.000 km con visite in note località turistiche e, appunto, in alcune eccellenze del mondo automotive tricolore come la Dallara Academy. Un luogo reso ancora più attrattivo per la presenza delle auto che hanno segnato la storia dell’ingegnere emiliano a cominciare dalla prima vettura che ha contribuito a progettare, la Lamborghini Miura. A seguire c’è la storia delle auto da corsa dagli Anni 60 ad oggi, con l’esposizione di modelli come le Lancia Beta Montecarlo Turbo e LC1, delle Formula Indy e di tutte le categorie di monoposto europee, dalle Formula 3 e Formula 2 alle Formula 1 con la Dallara della Scuderia Italia del 1988 e l’attuale Haas. In mostra ci sono anche la Stradale, la barchetta che l’ingegnere si è “regalato” per i propri 80 anni, e la Formula E, monoposto con telaio in monoscocca di fibra di carbonio sviluppato negli uffici di Varano.
AGLI ALBORI DELLA SICUREZZA - Un excursus, quello tra le auto del passato, utile pure per capire l’evoluzione della tecnologia e, soprattutto, della sicurezza delle auto, tema ignorato dai costruttori fino agli Anni 60 e poi divenuto sempre più rilevante. A raccontare la “conversione” dell’industria automobilistica è lo stesso Dallara: “negli Anni 60 la sicurezza non era neppure considerata dai responsabili del settore auto. A fare entrare di prepotenza l’argomento nel comparto fu Ralph Nader, giornalista e avvocato attivo con diverse associazioni dei consumatori americane che scrisse una serie di articoli sul tema e, soprattutto, pubblicò il libro Unsafe at Any Speed (Pericolosa a qualsiasi velocità) dove denunciava la mancanza di sicurezza delle vetture statunitensi”. Un saggio accolto con fastidio dall’industria automotive, tanto che un costruttore USA cercò di screditare l’autore assumendo degli investigatori privati per indagare sul suo passato e pagando delle prostitute per cercare di coglierlo in situazioni compromettenti. “Nader era un’ossessione per i produttori, però aveva ragione. Le auto all’epoca non erano sicure: la Miura aveva il serbatoio davanti, i paraurti erano inadatti a proteggere in caso d’urto, le auto da corsa avevano lamiere che potevano ferire a morte i piloti in caso di incidente”. Con gli anni la lotta di Nader ebbe successo portando all’approvazione nel 1966 del National Traffic and Motor Vehicle Safety Act che avrebbe introdotto le regole di sicurezza per gli USA. Da allora il clima tra i costruttori è cambiato e la protezione degli occupanti è divenuta sempre più prioritaria, con lo stesso Dallara a impegnarsi attivamente per elevare al massimo la sicurezza delle auto progettate.
L’URGENZA DELLA QUESTIONE AMBIENTALE - “Se negli Anni 60 la sfida era la sicurezza, oggi il tema principe è l’ambiente”. Dallara non ha dubbi sul futuro del settore. “Il problema dei cambiamenti climatici si è rivelato più grave del previsto e ora non c'è più tempo, dobbiamo agire subito. Come per la sicurezza, c’è stata una resistenza da parte del mondo automotive ad assorbire la nuova necessità evolutiva, ma per fortuna ormai non c'è più nessuno che sostiene ancora il passato. È stato bello, ma è finito. Ci godremo i tempi passati con le auto storiche, ma ora dobbiamo sviluppare modelli a basso impatto ambientale e l’evoluzione verso l’elettrico è ormai già scritta.
Un passaggio che deve essere accompagnato con la trasformazione del settore energetico verso una produzione di energia “pulita” e senza dimenticare altre tecnologie come l’idrogeno. L’evoluzione è rapida e diventa difficile prevedere quale altra tecnologia arriverà e quale sarà la più efficiente, ma per ora dobbiamo partire da quella che offre già indubbi vantaggi rispetto al passato. D’altronde a sottolineare il passaggio di un epoca è la nomina di Benedetto Vigna al vertice della Ferrari, un ingegnere non più proveniente dal mondo della meccanica, ma da quello dell’elettronica”.
ALLA RICERCA DELL’ENERGIA DISSIPATA - Il pensiero “green” di Dallara si è concretizzato con lo sviluppo della versione della Stradale a batterie realizzato in collaborazione con Bosch (è prototipo con reali prospettive di commercializzazione) e con l’impegno in Formula E. “Quando abbiamo ricevuto l’incarico di progettare il telaio per le Formula E non conoscevamo nulla, era un progetto completamente nuovo privo di riferimenti. Non sapevano neppure quale era la posizione migliore dove mettere le batterie per una maggiore sicurezza o come gestire un sistema elettrico con 400 e più Volt. Per comprenderlo abbiamo studiato e provato fino a trovare le soluzioni più adatte, ma lo sviluppo è continuo e rapido. Basti pensare che fino a qualche anno fa era necessario avere due vetture per completare la gara, mentre oggi la capacità delle batterie consente di concludere la competizione senza il cambio di auto. Ora si sta lavorando per incrementare il recupero di energia in decelerazione e in frenata. La prossima generazione di Formula E avrà due motori, uno posizionato sulle ruote anteriori per consentire il recupero di energia dove il carico in frenata è maggiore e, quindi, dove la rigenerazione di “corrente” è superiore. La trazione integrale consentirà anche di perfezionare il controllo dell’erogazione della potenza e dei sistemi di assistenza”.
UN FUTURO ALL’INSEGNA DELLA SOBRIETÀ - Per Dallara a cambiare non deve essere soltanto la tecnologia propulsiva, ma lo stesso modo di concepire le auto. La parola d’ordine è sobrietà. “Le auto del futuro dovranno essere più sobrie, che non significa più povere, ma soltanto che dovranno rinunciare agli aspetti inutili. In primis, dovranno essere più piccole: la maggior parte degli spostamenti avviene con una o due persone a bordo e ha poco senso costruire vetture grandi che sono utili soltanto per i grandi spostamenti”. Di fatto, è più logico e conveniente per l’ambiente avere un’auto piccola per gli spostamenti quotidiani e noleggiarne una grande per i pochi giorni per il quale se ne ha la reale necessità. “Negli ultimi decenni abbiamo vanificato i miglioramenti sui consumi apportati da un’aerodinamica più efficiente e una meccanica più avanzata con la realizzazione di modelli sempre più grandi e pesanti”. Ma sobrietà significa anche proporre auto in linea con le reali necessità di utilizzo. “Non ha senso produrre vetture da 1.000 CV e con velocità oltre i 300 km/h quando il limite di velocità massimo è di 130 km/h. Nel settore delle elettriche (ma pure nel comparto tradizionale, ndr) si sta esagerando proponendo modelli con prestazioni elevate quando in strada si deve guidare con prudenza. Se ci si vuole divertire, ci sono gli autodromi dove ci si può sfogare in sicurezza, ma sulle strade si devono rispettare le regole”.
LA GUIDA AUTONOMA - Un’esigenza, quella della sicurezza, al quale contribuirà anche la tecnologia. “I modelli di domani saranno sempre più connessi, con sistemi di assistenza alla guida sempre più elevati e con una navigazione sempre più efficiente che renderà più semplice e comodo il viaggiare. Siamo soltanto all’inizio di una rivoluzione e ci aspettano molte novità, alcune non ancora immaginate. Chi avrebbe potuto pensare solo qualche anno fa che a Indianapolis nel 2021 ci sarebbe stata una gara riservata alle auto a guida autonoma? Eppure è quello che accadrà il 23 ottobre sul circuito della 500 Miglia dove si correrà la Indy Autonomous Challenge con gli atenei di tutto il mondo a sfidarsi alla “guida” delle IL-15, le monposto della Indy Lights”.