MERCATO “DROGATO” - Se nel 2010 l’industria cinese dell’auto ha messo il turbo, su una cosa gli analisti sembrano concordare: ora la strada sarà in salita. Negli ultimi dodici mesi, nella Repubblica Popolare sono state immatricolate qualcosa come 18,06 milioni di vetture, il 32,37% in più rispetto al record di oltre 12,2 milioni del 2009. Volumi che rendono stabilmente la Cina il più grande colosso mondiale delle quattro ruote, scalzando dal podio per il secondo anno consecutivo gli Stati Uniti, inchiodati attorno agli undici milioni e mezzo di veicoli venduti. Bisogna però aggiungere che il mercato cinese è principalmente domestico. Secondo la Caam, associazione locale dei produttori, la percentuale di macchine prodotte “in casa” e vendute all’estero non arriva al 3%, segnando così un altro primato: è la più bassa del mondo, con solo 544.900 vetture esportate, di cui poco meno della metà sono veicoli commerciali. Tutto il resto viene assorbito da una domanda interna trainata, negli ultimi anni, da una poderosa campagna statale di incentivi fiscali e bonus per la rottamazione. Una situazione di cui hanno beneficiato tanto le case straniere, che possono operare solo in joint venture con partner locali, quanto quelle cinesi al 100%. In altre parole, il mercato è stato “drogato” da politiche governative che, tuttavia, cesseranno nel 2011.
Costruttore | Veicoli venduti 2010 | Obiettivo 2011 in % |
Chery | 682.100 | +17,28 |
BYD | 519.800 | +15,38 |
Jac | 458.500 | +30 |
Geely | 405.000 | +16 |
Great Wall | 397.300 | +38,43 |
TJ Faw | 250.000 | +20 |
Saic | 160.000 | +44 |
Dongfeng | 80.000 | +60 |
CAMPAGNA ESTERA - Da qui l’attesa di una frenata. Non solo. Secondo la società di servizi finanziari Credit Suisse, nel caso altre città adottassero la politica antitraffico messa a punto di recente da Pechino, il numero d’immatricolazioni potrebbe addirittura calare del 17%. Per il mercato cinese delle quattro ruote si tratterebbe del primo dato negativo da 20 anni a questa parte. Difficile che accada davvero. È però praticamente sicuro che la crescita sarà più contenuta. Stando così le cose, come mai le previsioni di sviluppo delle maggiori case cinesi si attestano tra il più 15,38% della Byd e il più 60% della Dongfeng Motor? Semplice, perché hanno intenzione di vendere maggiormente all’estero. Molti piani industriali prevedono, infatti, un aumento della quota di vetture destinate all’export, rivolgendosi in particolare ai paesi dell’Europa dell’Est e agli Stati Uniti.
Società con case stranerie | Veicoli venduti 2010 | Obiettivo 2011 in % |
Saic-GM | 1.039.000 | +11 |
Saic-Volkswagen | 1.001.400 | +20 |
Faw-Volkswagen | 870.000 | +16,28 |
Baic-Hyundai | 703.000 | +20,9 |
Dongfeng-Nissan | 661.000 | +15,22 |
Tianjin Faw-Toyota | 510.000 | +10 |
Changan-Ford Mazda | 403.300 | n.d. |
Guangzhou-Honda | 386.000 | n.d. |
Dongfeng-Honda | 260.600 | +7,44 |
Faw-Mazda | 146.900 | +42 |
Chana-Mazda | 92.800 | +18,53 |
SHOPPING SFRENATO - Quello che invece la Cina già esporta in maniera massiccia sono i capitali. Da qui lo shopping di società estere. Nel mondo dell’auto ha fatto clamore, per esempio, l’acquisizione della Volvo da parte della Geely, che per avere la casa svedese ha pagato la bellezza di 1,8 miliardi di dollari alla controllante Ford. E adesso pensa di trasferire parte della produzione in Cina, dove la manodopera costa molto meno. Secondo indiscrezioni, pure l’italiana Pininfarina, i cui bilanci navigano da tempo in cattive acque, sarebbe finita nel mirino di un colosso come la Beijing Automotive (Baic), partner della Hyundai e della Daimler nella Repubblica Popolare.
ECONOMIA IN CRESCITA - L’impetuoso sviluppo economico degli ultimi anni ha fatto sì che, in Cina, ci siano qualcosa come 300 milioni di persone con un potere d’acquisto paragonabile a quello medio degli europei. Una fetta destinata ad aumentare, considerando che il paese conta oltre 1,34 miliardi d’abitanti e che l’economia, dopo la crescita del 10,3% messa a segno nel 2010, secondo la locale Accademia delle scienze dovrebbe mantenersi, quest’anno, poco sotto il 10%.
Ora vediamo quali sono i principali costruttori cinesi.
CHERY
Tra i costruttori “puri” (cioè che non hanno alcun accordo con case estere per la produzione di modelli di derivazione straniera) è il primo nelle vendite e anche per numero di auto esportate. È nata appena 14 anni fa, grazie a un consorzio di cinque compagnie d’investimento a partecipazione statale. Il primo motore lo realizza nel 1998 ma si deve attendere il 18 dicembre del 1999 per la prima vettura completa. Con i ritmi di crescita tipici della “tigre” cinese, già il primo maggio del 2003 esce dalle linee di montaggio la vettura numero 100.000; cifra che raddoppia appena un anno dopo e si decuplica nel 2007. Oggi, la Chery vende in Cina quasi 700.000 auto (nella foto sopra la Eastar) e ha una gamma di ben 21 modelli, più sette furgoni. E in futuro potrà contare su tre nuovi marchi lanciati nel 2009 (Riich, che si occuperà di berline più lussuose; Reely di monovolume e delle suv e infine Karry, di pic-kup e i mezzi da lavoro). Da qualche anno, infine, la casa sta cercando di muoversi sui mercati esteri, puntando per lo più ai paesi in via di sviluppo: esporta in una settantina di paesi e ha anche aperto uno stabilimento in Iran. Ultimamente, si è affacciata in Europa: le auto dell’italiana DR sono tutte di derivazione Chery.
BYD
È un’azienda privata, la più “internazionale” fra i costruttori cinesi (non a caso il suo nome è in inglese: è l’acronimo di “build your dreams”, ovvero “costruisci i tuoi sogni”). Su di lei ha scommesso anche il super-finanziere americano Warren Buffet, che ha comprato il 10% delle azioni, anche perché è praticamente l’unica casa cinese a investire sull’ecologia. E non a caso; infatti, la compagnia è nata nel 1995 come produttrice di batterie al litio per cellulari, diventando rapidamente una delle principali al mondo (la Nokia e la Motorola “dipendono” da lei). Il 22 gennaio 2003, ingloba una piccola casa automobilistica, ingrandendola e iniziando nel 2005 la produzione della berlina F3, proponendone una versione elettrica già nel 2007. Negli ultimi due anni, però, il “ramo automobilistico” (la BYD Auto Company Limited) è andata incontro ad alcune difficoltà organizzative, che si sono riflettute anche sulle vendite (cresciute “solo” del 16% nel 2010, per un totale di quasi 520.000 vetture, al posto delle 800.000 previste) e sulle esportazioni: il lancio della crossover elettrica E6 (nella foto sopra) sul mercato americano, presentata già due volte al Salone di Detroit, è stato infatti rimandato più volte. Per questo motivo, da qualche mese è in atto una operazione di “razionalizzazione” delle strutture, che porterà al taglio di una cinquantina di uffici sparsi per il mondo.
JAC
Il nome è l’abbreviazione di Jianghuai Automobile Co., Ltd. ed è una “veterana”, essendo stata fondata nel 1964 per la produzione di camion e telai per autobus (settore che, ancora oggi, rappresenta la sua specialità). Con quasi mezzo milione di vetture, in gran parte medio-piccole (nella foto sopra la A0), è al terzo posto per vendite fra i marchi cinesi e mantiene una forte componente statale. Dal 2005, ha iniziato a servirsi della Pininfarina per lo stile delle proprie auto (come fanno le concorrenti Brilliance e BYD). Nel nostro paese, ha anche aperto un centro di design dentro la Cittadella del Politecnico di Torino, lo JAC Italy Design Center; è il suo “ponte” sull’Europa, dove conta di sbarcare presto. Come altre case cinesi, poi, anche la JAC vuole una fetta del crescente mercato brasiliano; tant’è che il 29 dicembre scorso ha siglato con la locale SHC un contratto per la distribuzione nel paese sudamericano delle proprie auto, con un obiettivo ambizioso: 620.000 vetture in dieci anni.
GEELY
La sua storia inizia nel 1986, quando un poco più che ventenne Li Shufu fonda una piccola fabbrica di frigoriferi con questo nome. In pochi anni, la produzione si sposta agli scooter, successivamente alle motociclette e nel 1997 arriva alle auto: all’inizio sono piccole vetture vendute a basso prezzo. Ancora oggi, gran parte della produzione (400.000 auto vendute nel 2010) riguarda citycar e berline medie (nella foto sopra la GX515-RV). Per cercare di conquistare altri clienti, nel 2009 sono stati lanciati i sotto-marchi Shanghai Maple, Englon, Emgrand e Gleagle, le cui auto, però, fino a oggi non si sono viste nei concessionari. Il vero passo in avanti, comunque, la Geely l’ha fatto solo nell’estate del 2010, quando ha completato l’acquisizione della svedese Volvo. Secondo le dichiarazioni del proprietario Shufu, comunque, i due marchi resteranno sempre ben distinti e alla casa europea verrà lasciata piena autonomia. Oggi il marchio cinese è presente in cinquanta paesi, che “assorbono” circa 100.000 vetture l’anno. Inoltre, vende in Russia, Ucraina e Indonesia dei kit per assemblare sul luogo le vetture.
GREAT WALL
Può essere considerata la “Subaru cinese”, grazie al fatto di essere specializzata in veicoli a trazione integrale, dei quali è la più grande produttrice cinese privata. Il modello di maggior successo della casa è la suv Hover, proposta da anni con continui aggiornamenti. In un secondo momento, l’offerta si è allargata e ora nella gamma della Great Wall ci sono anche citycar, berline e piccole monovolume. Nonostante non sia un “colosso”, è stata fra le prime case cinesi a sbarcare sul mercato europeo: in Italia, infatti, è presente dal 2006 e da noi lancerà in aprile l’utilitaria Voleex (nella foto in alto).
TJ FAW
Formalmente, la Tianjin Faw Xiali Automobile Company, è nata nel 1997 dalle ceneri di una piccola fabbrica di micro-car e ha il suo quartier generale nel profondo nord est del paese. È una delle grandi case automobilistiche cinesi di proprietà statale (le altre sono la Saic a est, la Baic a nord, la Gac a sud, la Dongfeng nel cuore della Cina e la Chang’an ad est: fatte nascere “a tavolino” per coprire l’intero paese). Con il suo marchio, è al sesto posto per vendite, ma il grosso dei suoi profitti arriva dalle auto europee e giapponesi costruite su licenza: in totale nel 2010 sono uscite dalle fabbriche Faw 2.558.000 veicoli, che la rendono il terzo costruttore nazionale in termini assoluti, appena prima della Dongfeng (che nel 2010 ha prodotto 2.700.000 auto sotto marchi giapponesi come Honda e Nissan).
SAIC
Come la Faw, il gruppo Saic Group vende “poche” vetture col proprio marchio Saic Motor: giusto 160.000 lo scorso anno. Grazie però alle vetture prodotte su licenza e agli accordi con GM e Volkswagen, in realtà è lei il primo produttore cinese di veicoli: ben 3.558.400 solo nel 2010. La Saic, inoltre, è famosa per aver rilevato gli impianti inglesi di Longbridge e i marchi della defunta MG-Rover (nella fotosopra la MG7). Riportandoli in vita, ha riproposto il marchio MG sul mercato inglese grazie alla vecchia spider MGF. Fra poche settimane, però, avverrà il vero rilancio, con l’arrivo nei concessionari d’oltremanica di due nuove auto, la berlina MG6 e, successivamente, l’utilitaria MG3.