DEPOSIZIONE DI AVVOCATI - Dal procedimento in corso davanti alla magistratura inquirente di San Francisco - competente per la vicenda “Volkswagen Dieselgate” - è arrivata una notizia che coinvolge seriamente la Bosch nelle responsabilità per tutta la vicenda. La tesi accusatoria è stata avanzata dai legali di un gruppo di proprietari di auto del gruppo Volkswagen dotate del software incriminato (che ricordiamo è capace di riconoscere quando la vettura è sottoposta al test di omologazione e quindi regolare il motore nel modo più rispettoso dell’ambiente per poi “liberarlo” una volta terminato il ciclo di rilevazione).
COINVOLGIMENTO - Nel corso di una deposizione davanti alla Corte, gli avvocati hanno puntato il dito anche contro la Bosch facendo riferimento a documenti emersi dalle indagini. In base a quanto è stato diffuso dalle agenzie di stampa gli avvocati in questione hanno affermato che alcuni documenti da essi visionati (e peraltro tuttora non resi di pubblico dominio) la Bosch avrebbe “partecipato assieme alla Volkswagen alla massiccia attività decennale illegittima” volta alla realizzazione di quella che in molti non esitano a definire una vera e autentica truffa per aggirare le norme relative alla compatibilità ambientale durante i test di omologazione.
EMAIL CHE SCOTTANO - In particolare ci sarebbe uno scambio di email tra Volkswagen, Bosch e le autorità americane da cui emergerebbe chiaramente la consapevolezza della Bosch di che cosa gli enti americani preposti alle questioni ambientali approvavano e che cosa invece consideravano illegale. In proposito le dichiarazioni degli avvocati hanno citato una email del 2011 inviata all’ente californiano per la difesa dell’ambiente, che “dimostra la piena consapevolezza della Bosch di cosa le norme americane consentono e che cosa invece non è consentito, oltre a testimoniare di come la Bosch aiutò la Volkswagen ad ottenere l’omologazione”. Sempre nelle dichiarazioni agli atti del procedimento davanti alla Corte federale di San Francisco, gli avvocati hanno sostenuto che “è inconcepibile, che la Bosch non sapesse che il software era responsabile di definizione, sviluppo e test di un impianto di manipolazione illegale”.
LA BOSCH: “AVEVAMO AVVERTITO LA VW” - La tesi dei legali è in contraddizione con quanto da sempre affermato dalla Bosch. Il colosso tedesco della componentistica infatti ha sempre ammesso di aver fornito al gruppo Volkswagen un software capace di “riconoscere” quando la vettura è sottoposta al test di misurazione delle emissioni, ma questo a fini di ricerca e per dei test interni. Non solo: la Bosch ha sempre affermato di aver anche sempre messo in guardia la Volkswagen sui rischi di un impiego di tale software sulle auto in produzione. Ciò detto, va anche aggiunto che la Bosch si è dichiarata fiduciosa nell’operato dei giudici, tanto che sta collaborando in diverse inchieste relative alla vicenda. Peraltro, nel gennaio scorso la stessa Bosch aveva fatto sapere di aver avviato una indagine interna per verificare l’esistenza di eventuali comportamenti scorretti da parte di suoi dipendenti.