INCONTRO A TORINO - Suona un po' come un ultimatum il messaggio che l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne (nella foto), ha lanciato oggi ai sindacati riuniti per la tavola rotonda organizzata dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, presso la sede della Regione Piemonte in presenza del governatore Roberto Cota, del presidente della Provincia Antonio Saitta e del sindaco di Torino Sergio Chiamparino.
COME UN ULTIMATUM - “Siamo l'unica azienda ad investire 20 miliardi nel Paese, una cifra pari quasi a quella della Finanziaria. Ma dobbiamo avere garanzie che gli stabilimenti possano funzionare”, ha detto Sergio Marchionne. Un impegno economico che la Fiat è disposta a fare, solo a determinate condizioni; perché, secondo l'amministratore delegato della Fiat adesso “ci sono solo due parole che richiedono di essere pronunciate una è sì, l'altra è no. Modernizzare la rete produttiva italiana o lasciare le cose come stanno, accettando che il sistema industriale continui ad essere inefficiente e inadeguato a produrre utile e quindi a conservare o aumentare i posti di lavoro”. Un'ipotesi, quest'ultima, che metterebbe a rischio il piano Fabbrica Italia perché così “non può andare avanti” e “tutti i piani e gli investimenti per l'Italia verranno ridimensionati. Le nostre non sono minacce", ha aggiunto Marchionne, "ma non siamo disposti a mettere a rischio la sopravvivenza dell'azienda, perché dobbiamo decidere se avere un settore auto forte in Italia o consegnarlo ai concorrenti esteri”.
CONTRATTO IN GIOCO - Parole che l'amministratore delegato della Fiat ha rivolto ai sindacati intervenuti all'incontro sui quale incombe lo spettro della possibile disdetta del contratto dei metalmeccanici alla sua scadenza (fine 2012): “Se necessario", dice Marchionne, "siamo disposti anche seguire questa strada, ma non abbiamo nessun preconcetto. Per noi la cosa importante è raggiungere il risultato e avere la certezza di gestire gli impianti. Produrre a singhiozzo, con livelli ingiustificati di assenteismo, o vedere le linee bloccate per giorni interi è un rischio che non possiamo accollarci”.
LE RISPOSTE DEI SINDACATI - Per Raffaele Bonanni, segretario della Cisl, la risposta a Marchionne è un “sì senza se e senza ma”, a patto che “le modalità dell'investimento rimangano nel perimetro delle regole del nuovo sistema contrattuale che abbiamo costruito”. Un'apertura espressa anche dal leader della Uil Angeletti che, come riporta La Repubblica, si dice pronto “ad accettare e a praticare le sfide necessarie”. Precisando che “la Fiat ci dica quali sono le condizioni per cui questo progetto si implementi. La stragrande maggioranza dei lavoratori è preoccupata solo di avere il suo posto di lavoro e a condizioni normali".
Sempre stando alle dichiarazioni rilasciate a La Repubblica, appare meno soddisfatto Guglielmo Epifani, segretario della Cgil: “oggi ho sentito troppo ottimismo, la verità è che non ci sono patti nuovi. L'azienda ha riconfermato gli obiettivi del piano Fabbrica Italia, che la Cgil condivide. Il problema è trovare gli strumenti contrattuali per raggiungerli.” Più dura, invece, la reazione di Giovanni Centrella, segretario della Ugl: “non è giusto che pretenda da noi oggi un sì o un no. Ci dica prima con chiarezza entro quale sistema di regole la Fiat intende far funzionare tutti i suoi progetti”.
INCONTRO UTILE - il ministro del Lavoro e delle politiche Sociali Sacconi, giudica “utile e costruttivo, l'incontro tenutosi oggi: ci consente di procedere lungo la via dell'ulteriore consolidamento e sviluppo della capacità produttiva degli impianti Fiat in Italia, con conseguenti garanzie sui livelli occupazionali”.