TANTA CONCORRENZA - La scarsa autonomia delle batterie rimane il più grande ostacolo a frenare la diffusione delle auto elettriche, a cui servono inoltre lunghe soste di ricarica prima di avere l’energia sufficiente per effettuare un nuovo viaggio. Una possibile soluzione arriverà quando si affermeranno le colonnine per la ricarica veloce delle batterie, dove basteranno tempi inferiori all’ora per effettuare un ciclo completo di ricarica, ma nel frattempo aziende, istituti di ricerca e case automobilistiche stanno lavorando per risolvere la questione da un punto di vista alternativo. Un progetto fra i più interessanti viene curato dal Politecnico di Torino, dove il Dipartimento di Energia effettuerà presto i collaudi in pista di un sistema per alimentare le pile a vettura in movimento: il sistema è composto da bobine montate sotto l’asfalto e disposte lungo un percorso rettilineo (ad esempio un’autostrada), che alimentano le batterie senza fili tramite un campo elettromagnetico.
CONSORZIO EUROPEO - Il progetto si chiama Charge While Driving (ricarica durante la marcia) e rientra nell’ambito del consorzio FABRIC, un gruppo di 24 fra case automobilistiche, università e gestori di reti stradali il cui obiettivo consiste nello sviluppare tecnologie per diminuire la cosiddetta “range anxiety”, ovvero la paura di un automobilista di esaurire la carica delle batterie mentre è alla guida di una vettura a zero emissioni. Vincenzo Cirimele, uno dei ricercatori coinvolti nel programma, ci ha spiegato che il funzionamento di Charge While Driving è quasi analogo al sistema messo a punto dalla VeDeCom e testato in Francia con il supporto della Renault (qui per saperne di più), che ha goduto di finanziamenti molto più elevati rispetto al progetto del Politecnico di Torino: un partner della VeDeCom è la Qualcomm, nota azienda che realizza fra le altre cose i processori di moltissimi smartphone in vendita. Anche la VeDeCom rientra nel consorzio Fabric.
GRANDI ASPETTATIVE - Cirimele ed i suoi colleghi stanno lavorando però ad una tecnologia più evoluta rispetto all’impianto della VeDeCom, dove le bobine non sono coperte da uno strato di materiale: la pista a Susa (Torino, nelle foto) verrà attrezzata con bobine ricoperte, più leggere e facili da mantenere rispetto a soluzioni concorrenti. Le bobine erogano una potenza nominale di circa 20 kw, sono lunghe circa 150 cm e distano 50 cm l’una dall’altra. Il sistema della VeDeCom adotta piastre più corte ma ancora più ravvicinate, mentre altre società lavorano per realizzare bobine lunghe anche decine di metri. Il Politecnico di Torino ha lavorato finora in condizioni di laboratorio, utilizzando una slitta non molto veloce (non supera i 10 km/h), ma gli studi compiuti dimostrano che la tecnologia è promettente e non dovrebbe creare grossi problemi una volta testata con una vettura a grandezza naturale, tanto da non interferire con l’abs e gli impianti di bordo.
LE BATTERIE NON PERDONO CARICA - Cirimele però ci ha spiegato che la ricarica funziona solo quando l’auto viaggia in asse con le bobine e che tecnologie di questo tipo non vanno scambiate per una ricarica “vera”, dal momento che servono a preservare la carica nelle batterie in vista di percorsi tortuosi: supponendo che le bobine vengano montate in autostrada, il livello di carica delle pile rimane grossomodo costante dal primo chilometro percorso fino all’arrivo, perché i 20 kW erogati compensano l’energia di cui un’auto ha bisogno per viaggiare a circa 100 km/h costanti. Andando più lenti le batterie possono ricaricarsi, andando più veloci invece si scaricheranno. Molte aziende e istituiti di ricerca stanno lavorando a tecnologie analoghe, ci ha spiegato Cirimele, ma finora nessuno ha saputo coniugare efficienza e bassi costi in previsione dell’arrivo sulle strade.