Un vero e proprio classico
La GTI nacque nel 1976, un paio d’anni dopo la prima Golf “normale”. Quando la lanciarono, alla Volkswagen avevano dei dubbi sulla possibilità di vendere almeno qualche migliaio di esemplari di una versione potenziata (a 110 cavalli) della loro piccola berlina da famiglia. Ebbene, quella scommessa non è stata vinta, ma stravinta: tutte le serie della Golf che si sono succedute finora hanno avuto la loro GTI, con una produzione che è arrivata a un milione e 900mila pezzi. Non solo: quella sigla con tre lettere è diventata sinonimo di berlina scattante e divertente, oltre che elegante e perfettamente adeguata all’uso di tutti i giorni.
C’è anche la versione più “cattiva”
Verso la fine dell’anno scorso è arrivata la settima serie della Golf, completamente nuova: abbassata, alleggerita, caratterizzata da linee più tese e arricchita dal punto di vista tecnologico. E adesso, come da tradizione, è il momento della settima Golf GTI: si può già ordinare, e in Italia i primi esemplari verranno consegnati a giugno. Anch’essa completamente nuova, incluso il motore 2.0 turbo a iniezione diretta, inizialmente sarà disponibile in tre versioni. Quella da 220 cavalli (9 in più che nel passato) si può avere col cambio manuale a 30.100 euro, oppure, aggiungendo 1.900 euro, col robotizzato a doppia frizione DSG. C’è poi la più “cattiva” Golf GTI Performance, l’auto del nostro test: ha 10 cavalli supplementari (ottenuti con una diversa programmazione della centralina elettronica), freni maggiorati (il diametro dei dischi anteriori passa da 314 a 340 mm, quelli posteriori diventano autoventilanti e sono da 310 invece che da 300 mm) e un innovativo differenziale autobloccante; quest’ultiimo è composto da una frizione multidisco a lamelle gestita elettronicamente, e migliora la guida (vedremo poi come). Per ora, la Performance c’è soltanto col cambio manuale e costa 31.150 euro, ma entro fine 2013 sarà proposta anche col DSG. Tutte le GTI sono disponibili con tre porte oppure (per 850 euro in più) con cinque.
Dalle pinze capisci se è una Performance
I grossi e vistosi cerchi in lega a cinque razze di 18” sono l’elemento che più caratterizza la Golf GTI, ma le differenze rispetto alle altre Golf sono parecchie. Davanti, un’eredità delle serie precedenti è il filetto rosso che corre nella parte bassa della mascherina e dei fari; il paraurti è più spigoloso e, alle estremità, ha i fendinebbia a led verticali, uniti alla presa d’aria da tre vistosi listelli neri. Dietro, spiccano i due grandi terminali di scarico cromati e i fanali a led. La vettura ha l’assetto ribassato: è più vicina a terra di 1,5 cm. Per distinguere una Performance, occorre invece guardare attraverso le razze dei cerchi anteriori: le pinze dei freni sono rosse, come quelle delle sorelle meno potenti, ma qui c’è anche la scritta GTI in colore grigio. Nel complesso, l’auto ha grinta da vendere, senza essere troppo vistosa.
Sempre il solito tessuto a scacchi
Chi disegna le Volkswagen non cerca soluzioni appariscenti e futuribili, in particolare all’interno; lo stile è classico, e ogni nuova generazione non segna mai uno stacco netto da quella precedente. Così è stato per la settima serie della Golf, e con la nuova Golf GTI si è andati anche oltre: come la prima serie di 35 anni fa, il pomello del cambio ha la forma di una pallina da Golf e, se non si spendono 2.042 euro per averli in pelle, i sedili (comodi e davvero avvolgenti, sia davanti sia dietro) hanno la parte centrale in tessuto scozzese; ai nostalgici spunterà forse una lacrimuccia, ma siamo convinti che tanti gradirebbero un rivestimento in tinta unita. Altri elementi distintivi, i pedali in metallo e il volante con parte centrale tonda (ennesimo richiamo alla prima GTI), un’impugnatura più spessa con cuciture rosse e le razze di colore metallico. Sportivi senza essere vistosi gli inserti con trama simile alla fibra di carbonio, mentre la strumentazione (completa e ben leggibile) ha il tachimetro che arriva a 280 km/h invece di 260; in aggiunta, cercando nei vari sottomenu del computer di bordo, si trova anche il cronometro per registrare il tempo sul giro quando si va in pista.
Sempre le solite finiture: ottime
Per il resto, possiamo ripetere quanto già detto per le altre Volkswagen Golf: l’abitacolo è comodo per quattro adulti, anche alti, e c’è la possibilità di trasportare un quinto passeggero (ma, così facendo, dietro non si sta certo comodi); la posizione di guida è molto buona, anche se la seduta è corta per chi è alto, e i tanti comandi presenti nel volante ingenerano spesso confusione; lodevoli le finiture, praticamente senza pecche persino nel bagagliaio (che è ben accessibile e ampio: 380/1270 litri). Infine, una nota sul navigatore della Golf GTI (1.703 euro) che ha lo schermo a sfioramento di 8”. Adesso può utilizzare (scegliendo come optional pure il collegamento internet Car net on-line e la predisposizione per il telefonino, altri 566 euro in tutto) anche le immagini dall’alto di Google Earth; l’abbiamo provato, fa tanta scena ma, francamente, per capire quale strada prendere è meglio la visualizzazione “classica”. E, comunque, la posizione così bassa nella consolle distrae troppo dalla strada.
Una gran sterzatrice
Prima di descrivere il comportamento della Performance, dobbiamo precisare che tutte le nuove Golf GTI hanno lo sterzo a rapporto variabile. Rispetto a uno normale, nei piccoli movimenti del volante le ruote girano meno (rendendo meno “nervosa” la guida alle alte velocità), mentre nelle curve vere e proprie avviene l’opposto: una sterzata ridotta consente di girare allo stesso modo. La differenza è forte: bastano 2,1 giri del volante per andare da tutto a destra a tutto a sinistra, mentre nelle altre Golf ne servono 2,75. Inoltre, la nostra auto aveva le sospensioni a controllo elettronico DCC (1.013 euro), che consentono di scegliere, attraverso un tasto nella consolle, fra tarature più o meno morbide degli ammortizzatori, ma anche (seppure in misura molto meno sensibile) tra diverse risposte del motore e dello sterzo. È un optional che consigliamo: in Comfort si passa sulle buche con una dolcezza che non è lontana da quella delle Golf con la metà dei cavalli; in Sport, viceversa, si può dire addio al comfort, ma anche al rollio in curva.
Gli sportivi si entusiasmano
Anche questa Golf GTI ha la capacità, tipica di tutte le Golf, di infondere un’immediata padronanza e una grande sicurezza: questione di progressività e fluidità di risposta di tutti i comandi, di potenza dei freni e di un’ottima stabilità. In più, allo sportivo sa offrire una guida entusiasmante. La vettura risponde istantaneamente ai comandi dello sterzo, che è anche preciso, ha un “peso” ben calibrato e un ritorno rapido, ma per nulla brusco. Le gomme sono sempre tenacemente attaccate all’asfalto, e nelle curve affrontate “alla garibaldina”, anche accelerando a fondo non si nota alcuna tendenza ad allargare la traiettoria con le ruote anteriori. Anzi, la presenza del differenziale autobloccante elettronico della Performance porta addirittura a stringere (lievemente) la traiettoria, e si riesce a uscire dalla curva trasferendo tutti i cavalli sull’asfalto; in sua assenza, il controllo di trazione agirebbe sui freni e sul motore, evitando sì le “sgommate”, ma rallentando la vettura. Secondo la Volkswagen, sul difficile circuito del Nürburgring (dove tante case mettono a punto i loro modelli, e dove anche noi di alVolante ci rechiamo spesso per verificare a fondo pregi e difetti delle sportive) la Performance ha girato 8 secondi al giro più veloce della stessa vettura col differenziale autobloccante scollegato. Niente male.
I cavalli sono tanti, ma non tantissimi
I responsabili della Volkswagen non hanno parlato del guadagno nel tempo sul giro derivante dal motore “pompato” della Performance, ma probabilmente si tratta di poca cosa. In effetti, i cavalli in più sono solo 10, e iniziano a farsi sentire da 4400 giri in poi; prima, i motori delle due GTI spingono allo stesso, identico modo. Non bastasse, la diversa meccanica della Performance si fa sentire sulla bilancia, con un peso superiore di 31 kg. Ne deriva un vantaggio esiguo nei dati dichiarati per lo “0-100” (6,4 secondi invece di 6,5) e nella velocità massima (250 km/h invece di 246). Per dirla proprio tutta, da una versione così “corsaiola” ci saremmo aspettati qualche cavallo supplementare. Probabilmente, come del resto era successo in passato, la Volkswagen non ha “tirato il collo” al suo 2.0 turbo a iniezione diretta per lasciare spazio nella gamma alla futura versione R, a quattro ruote motrici e più potente, che arriverà probabilmente entro fine anno. Ma quella sarà un’auto da 40.000 euro, mentre non mancano certo i modelli a trazione anteriore della stessa categoria della Golf che, a prezzi uguali o perfino inferiori, offrono potenze più elevate. Discorsi “da bar”? Sì, certo, ma è anche vero che queste sono auto da appassionati, e la quantità di “puledri” presenti sotto il cofano è un elemento di discussione e, perché no, di orgoglio. Comunque sia, contiamo di verificare quanto prima quanto scalpitano i cavalli della Golf GTI , rilevando le prestazioni “vere” con una prova approfondita che pubblicheremo su alVolante. E questa sarà anche l’occasione per misurare i consumi, per i quali non abbiamo dati “medi” da fornire: la casa dichiara un’ottima percorrenza di 16,7 km/litro, mentre noi ne abbiamo registrati poco più di 7. Ma la colpa, più che dell’auto, è dell’entusiasmo che ci ha portato a sfruttare le prestazioni (su strade tortuose e praticamente deserte).
Anche il cambio è sportivo
Discorsi “da bar” a parte, al “2000” (che, detto per inciso, ha la testa completamente nuova, il basamento riprogettato e rispetta la normativa Euro 6) si può rimproverare ben poco; praticamente, solo un lieve ritardo di risposta quando si affonda l’acceleratore sotto i 3500 giri. Tuttavia, la spinta che ne consegue è lineare e corposa, con un allungo grintoso fin quasi a 7000 giri, accompagnato da un rombo gradevole e per nulla invadente; anzi, in sesta marcia a 130 km/h, quando è sui 3000 giri, il quattro cilindri praticamente non si fa sentire. La leva del cambio ha una corsa breve e innesti piuttosto duri, ma senza impuntamenti; si può stare certi che le marce entrano sempre, il che, nella guida veloce, è quel che serve. Insomma, anche motore e cambio fanno la loro parte nel rendere questa Performance un’auto appagante.
Tanta sicurezza e poca visuale
La Volkswagen Golf GTI ha una dotazione di sicurezza apprezzabile: di serie, ci sono sette airbag, il sistema di frenata automatica in caso d’urto (per ridurre la possibilità di collisioni successive) e quello che avvisa il guidatore che rischia di assopirsi. A richiesta, si possono avere dispositivi sofisticati o poco diffusi in questa categoria, quali il cruise control con controllo automatico della distanza di sicurezza (552 euro), gli airbag laterali anche posteriori (329 euro) e i fari bixeno a orientamento automatico in curva (1.621 euro). Vale la pena di spendere 557 euro per i sensori di parcheggio: la visibilità posteriore e di tre quarti è piuttosto scarsa. Infine, una curiosità: le GTI si possono ordinare anche senza il (validissimo) “clima” bizona: non si risparmia il becco di un quattrino, ma qualche chilogrammo sì. Da pensarci, ma solo se la macchina la portate in pista. E basta.
Secondo noi
PREGI
> Finiture. Non siamo riusciti a scoprire alcun particolare realizzato di fretta o utilizzando materiali di second’ordine.
> Guida. Istantanea nel rispondere ai comandi del guidatore, eppure facile e istintiva: è entusiasmante, ma adatta anche un novellino.
> Praticità. Mantiene intatti lo spazio e, con le sospensioni elettroniche, praticamente anche il comfort delle Golf normali.
DIFETTI
> Comandi. Le razze del volante sono affollate di tasti e pomelli: per imparare a usarli serve un lungo apprendistato.
> Potenza. Parecchie rivali, anche meno costose, offrono più cavalli.
> Visibilità. Quella posteriore è limitata. E i sensori di parcheggio si pagano a parte.