SGUARDO ALLA CINA - L’Italia è sempre alla ricerca di un secondo costruttore che possa affiancare Stellantis nella produzione nazionale di automobili. Dopo le voci su un possibile contatto con la BYD (qui la notizia), lo sguardo del governo continua a guardare a oriente e alla Cina in particolare. Questa volta, secondo quanto riferito dall'agenzia Reuters, sembra essere la Chery la casa con cui l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha avviato i colloqui. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha affermato che dal secondo costruttore nazionale ci si aspettano circa 300.000 vetture all’anno, da aggiungere al milione concordato con Stellantis.
ESPANSIONE IN EUROPA - La Chery sta per debuttare sui mercati europei con i marchi Omoda e Jaecoo ed entro la fine del 2025 prevede di lanciare tre suv di ciascun marchio. La prima sarà la Omoda 5 già nel corso del 2024, mentre il debutto per la Jaecoo 7 è fissato per il prossimo anno. Parallelamente le case cinesi stanno seriamente valutando le possibilità di realizzare impianti di produzione nel Vecchio Continente per aggirare eventuali dazi già prospettati dalla Commissione Europea: ha già iniziato la BYD, che ha annunciato la costruzione di uno stabilimento in Ungheria, mentre la Chery ci sta pensando. L’amministratore delegato di Chery Europe, Jochen Tueting, si aspetta vendite in Europa sufficienti da giustificare uno stabilimento sul territorio.
OCCHIO ALLA SPAGNA - Sebbene le fonti della Reuters sostengano che la Chery è al momento l’opzione più concreta per il nostro governo, la partita è tutt’altro che chiusa. “Stiamo valutando diverse località in tutta Europa”, ha detto Tueting. Tra le possibilità ci sarebbero la ristrutturazione di uno stabilimento già esistente, tra cui potrebbe anche esserci l’ex impianto della Nissan a Barcellona, o la costruzione di uno completamente nuovo. Di contro la Chery non è l’unica azienda contattata dal governo: infatti, oltre alla già citata BYD, i colloqui sarebbero aperti anche con l’altra cinese Great Wall. La produzione nazionale italiana sembra comunque prendere sempre più convintamente la via che porta a Pechino.