06
2024
giugno 2024
Editoriale pubblicato su alVolante di

Nubi globali sulle elettriche. E da noi si litiga su un nome

LA MARCIA TRIONFALE DELLE ELETTRICHE sta rallentando un po’ il passo. Cito giusto qualche segnale. Da un lato, nel periodo fra gennaio e marzo, la Tesla ha registrato il primo calo nelle vendite dal 2020, con conseguenti licenziamenti. Non solo: a causa dell’andamento poco soddisfacente del titolo in Borsa, il guru dei veicoli a batteria Elon Musk ha dovuto precipitarsi a rassicurare gli investitori, annunciando che la piccola (e relativamente economica) Model 2 arriverà prima del previsto, all’inizio del 2025. E poi, c’è l’Europa: a marzo, le immatricolazioni delle elettriche sono calate più di un mercato complessivo già debole, passando dal 15,5% di quota al 14,2%. In questo caso c’entra molto la Germania, che a dicembre ha sospeso di colpo gli ecobonus, con conseguenze immediate sugli ordini.

E L’ITALIA? PER LE AUTO A BATTERIA prima andava male e ora va peggio (a marzo, quota del 3,25% rispetto al già misero 4,8% di un anno prima) perché soffriamo di ben altri problemi. La carenza delle colonnine di ricarica è uno, ma il più importante è un altro. Il nostro è l’unico Paese avanzato che negli ultimi vent’anni ha visto calare il reddito pro capite disponibile (lo dice l’organizzazione per lo sviluppo economico Ocse) ed è quindi logico che molti stiano rinviando l’acquisto delle elettriche (quasi sempre più costose delle altre auto) nell’attesa dei super-incentivi promessi molti mesi fa. Ad alVolante non siamo favorevoli agli ecobonus a prescindere, ma occorre fare qualcosa per svecchiare un parco circolante così obsoleto (12 anni e mezzo in media). E siamo convinti che, in un periodo complesso come l’attuale, un altro fattore di incertezza sia l’ultima cosa che serve.

IL RITARDO DEI BONUS può essere legato al braccio di ferro fra il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso e il numero uno del gruppo Stellantis, Carlos Tavares: il primo accusa il secondo di non investire abbastanza in Italia, l’altro chiede a gran voce gli incentivi. La scaramuccia, che va avanti da tempo, purtroppo coinvolge il futuro di migliaia di lavoratori e a volte si basa su argomenti discutibili. Per dire, il fatto che l’Alfa Romeo abbia deciso di cambiare il nome della sua nuova crossover da Milano a Junior su “suggerimento” del ministro. Chi ne beneficia? L’auto si farà sempre in Polonia e gli altri costruttori, che vengono giustamente invitati dal governo a produrre da noi, come valuteranno un caso simile? Ribaltare una politica industriale remissiva lunga decenni è un’impresa titanica, ma a supporto del settore vorremmo più fatti (incentivi in primis). 

MdF



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