I 50 anni della Lamborghini Miura

La carrozzeria della Lamborghini Miura viene disegnata presso la Bertone. L’azienda torinese affrontava in quel periodo un momento di transizione: non aveva rapporti con la Ferrari e con la Maserati e doveva anche sostituire Giorgetto Giugiaro, allora capo disegnatore, passato in quei mesi alla Ghia. Bertone scelse il 28enne Marcello Gandini, sotto la cui supervisione venne disegnata una vettura dalle caratteristiche inedite: particolarità stilistiche sono le griglie intorno ai fari anteriori, la forma del lunotto e i due grandi blocchi, che una volta aperti danno accesso agli organi meccanici anteriori e posteriori. La finitura a griglia viene ripresa anche dalla tendina sopra il motore, studiata per favorirne il raffreddamento. Leggenda vuole che la definizione dello stile abbia richiesto appena 4 mesi. Il risultato è una vettura molto larga e slanciata, elegante e di carattere, che mantiene immutato il fascino degli esordi.

Elemento cardine della Miura è il suo motore, collocato in posizione ottimale per abbassare il baricentro e per meglio ripartire i pesi: in questo modo l’auto guadagna maneggevolezza e reattività. Il motore è un V12 aspirato da 3.9 litri, con basamento in alluminio (dove si trova anche il cambio), sviluppato da Bizzarrini e accreditato di 350 CV. I tecnici della Lamborghini installano per l’occasione nuovi carburatori della Weber, più capaci, mentre la lubrificazione diventa a carter umido. Il V12 trova posto dietro l’abitacolo; il vano anteriore è quasi interamente occupato dal radiatore, dal serbatoio e dalla ruota di scorta. La Miura è lunga 437 cm, larga 168 cm ed alta 105 cm. All’esordio fu l’auto più veloce e prestazionale in vendita, grazie ad un tempo di 6,7 secondi sullo 0-100 km/h e ad una velocità massima di 280 km/h. 

La Miura da 350 CV venne seguita da varianti più cattive e prestazionali, che resero l’auto ancor più desiderabile e competitiva. Nel 1968 arriva sul mercato la Miura S, con motore da 370 CV, che riceve una serie di accorgimenti alla meccanica ed all’interno: i rivestimenti diventano più curati e debuttano i vetri elettrici, mentre le cornici del parabrezza e dei fari sono cromate. Tre anni più tardi viene lanciata la Miura SV (SuperVeloce), dotata in questo caso del V12 potenziato a 385 CV: l’aumento di potenza viene ottenuto grazie a sistemi di lubrificazione separati per motore e cambio. I parafanghi sono più larghi, in maniera da accogliere pneumatici di maggior sezione. La versione S è utilizzata come base per il prototipo di una Miura riservata alle competizioni, sviluppata dal collaudatore Bob Wallace, che potenzia il motore (440 CV), installa sospensioni da corsa, sostituisce il telaio con uno più rigido e rimuove molti degli elementi interni, al fine di tagliare il peso complessivo. La carrozzeria si notaa per gli archi passaruota allargati e per i fari anteriori inseriti al di sotto di una calotta. Prende il nome Jota (nella foto).