Siamo al Mugello per partecipare all’Aci Racing Weekend non soltanto come giornalisti ma anche come piloti nell’ultima manche del Mini Challenge (leggi qui la news). Sotto il comune denominatore del maltempo si svolgono quasi una decina di gare, tutte decisive per i rispettivi trofei, essendo quella toscana l’ultima tappa. Tra questi, l’agguerrito Campionato Italiano Gran Turismo, dove si sfidano una quarantina di vetture e dove corre per questo fine settimana anche Alex Zanardi (nella qui foto sopra), appena tornato trionfatore dalle paralimpiadi di Rio de Janeiro. Per festeggiare i cinquant’anni del campione bolognese la BMW Italia ha voluto regalargli un weekend a bordo della M6 GT3. Un regalo che la casa ha voluto fare anche a se stessa: ha appena festeggiato i 50 anni della filiale italiana e i 100 anni del marchio (leggi qui la news), del quale lo stesso Zanardi è testimonial.
Alex, torni a correre in auto dopo oltre un anno. Una gara “spot” o che prelude a un impegno più continuativo?
Per quest’anno ovviamente si tratta di un’esperienza isolata che la BMW, del cui marchio sono ambasciatore a livello mondiale, ha voluto regalarmi. Un regalo che mi inorgoglisce anche per il fatto che a Monaco ci sono persone che, non solo credono che sia stato un buon pilota, ma che sono convinte che io lo sia ancora. Hanno voluto donarmi quest’emozione nel circuito del Mugello che io amo tantissimo, con una macchina stupenda, la M6 GT3, e in un campionato bellissimo. Per il futuro è ragionevole credere che ci siano altre occasioni. Mi piacerebbe tornare a correre la 24 ore di Spa, che l’anno scorso è stata un’esperienza fantastica, anche se per il nostro team è terminata con un’ora di anticipo... È una gara per certi versi anche più intrigante della 24 ore di LeMans, che sarebbe l’apoteosi per un pilota di Gran Turismo, se non fosse per la presenza dei prototipi che ha tolto lustro a sfide di altissimo livello tra le GT derivate dalla produzione di serie. Vetture velocissime, guidate da piloti preparatissimi. I prototipi LMP1 ed LMP2 sono affascinanti, ma sarebbe stupendo vedere un weekend dedicato solo alle vetture GT con le case ufficiali. Io fossi nella Fia ci penserei a fare due 24 Ore separate. Per esempio, l’anno scorso c’è stata la sfida Ford-Ferrari, una sfida epica, ma con tempi sul giro così distanti dai prototipi, sembrava quasi una gara di serie B.
Stando lontano dalle corse in auto, non ti sei certo annoiato e hai regalato all’Italia due medaglie d’oro e una d’argento nelle gare di handbike di Rio de Janeiro…
Non mi sono annoiato e non lo farò nemmeno l’anno prossimo, perché voglio continuare nelle gare internazionali e vorrei riprepararmi per il mondiale. Voglio concentrami sulla resistenza, e puntare all’iron-man. Ogni anno è sempre più difficile, perché l’impegno fisico è notevole. Nelle gare in auto un pilota deve essere anche un atleta, ma la differenza nel vincere la fanno altri fattori, più che l’allenamento fisico. Nell’handbike, invece, ogni risultato deriva dalla capacità di trasformare ogni energia in potenza. A Rio mi sono reso conto di non essere lo stesso atleta di un anno fa. Ciò nonostante, sono riuscito a vincere.
Qual è il tuo rapporto con la fatica?
A cinquant’anni capisci il tuo reale potenziale, che senz’altro è inferiore a quello di un ragazzo di vent’anni, che però ha una consapevolezza diversa. Che magari ancora non ha provato la fatica quando arriva al punto di diventare sofferenza o addirittura tristezza, dovuta proprio dall’essere allo stremo delle forze. Conoscere la fatica ti porta a superarla, e ad essere perseveranti, nello sport come nella vita. Anche a Rio è stato così: ho avuto il mio momento di crisi, ma l’ho superato.
Come ci si riesce?
Perché ti dici che la tua sfida è lì. Ed è in quel momento che devi dare il massimo. Non fra un’ora, un giorno o un minuto. E allora trovi le ultime gocce di energia e vai avanti, magari chiudendo anche gli occhi per il dolore e per lo sforzo fisico. E magari quando li riapri scopri che hanno mollato gli altri, magari anche più forti di te. E il tuo traguardo è sempre più vicino…
E cosa invece trovi di irrinunciabile e insostituibile nelle corse in auto
Tantissime cose, ma c’è un momento, proprio della 24 Ore di Spa del 2015, che per me fotografa quelle sensazioni che correre in auto ti può dare. Ero al mio terzo turno di guida, in piena notte. Sono partito con gomme nuove e alla curva che immette nel rettilineo ho sentito veramente il limite della macchina, e ho capito di aver percorso quel tratto al massimo, in un equilibrio di forze fisiche. Se poi ci aggiungi la poesia della nube che mi ha avvolto in uscita e che ho dissolto riaccelerando in uscita e mettendo la quarta marcia, ti rendi conto che sono sensazioni irripetibili e che ti fanno sentire vivo. Uno di quei momenti della vita che vale tutte le fatiche che ti ci hanno portato. Poi se riesci anche a vincere una corsa tanto meglio, ma le gare sono fatte di tanti momenti di emozioni, di simbiosi fra auto e pilota…