IMPEGNO DI LUNGA DATA - Il metano ha un potere inquinante minore rispetto ai carburanti tradizionali e può anche venir ricavato da rifiuti organici o agricoli, valorizzando risorse che altrimenti finirebbero disperse. L’argomento è di estremo interesse per la Fiat e per la sua divisione incaricata di sviluppare nuovi motori (FPT). Entrambe lavorano da tempo per garantire nuove prospettive al metano, diventato negli anni un’alternativa radicata e non più una soluzione di ripiego: in Italia, da inizio anni 2000, la casa torinese è passata da poche migliaia di immatricolazioni alle oltre 150.000 del biennio 2014/2015. Per questo motivo la Fiat ha organizzato una visita presso due impianti nel torinese, ad Ozegna ed a Pinerolo, dov’è prodotto un metano dalla forte impronta ecologica (denominato biometano).
EMISSIONI CONTENUTE - Il metano è un idrocarburo presente in natura sotto forma gassosa. Non è un risultato della lavorazione del petrolio (come il Gpl), quindi il prezzo alla pompa non risente delle variazioni che talvolta gravano sull’oro nero. Il metano, soprattutto, è ad oggi il combustibile fossile più pulito disponibile sul mercato: genera quantità irrisorie di particolato, taglia del 23% le emissioni di anidride carbonica (CO2) rispetto ad un omologo motore a benzina e va di fatto considerato una fonte d’energia rinnovabile, grazie ai possibili sviluppi offerti dal biometano. Quest’ultimo viene definito biologico perché abbatte in maniera più che significativa le emissioni inquinanti, calcolate però nell’ambito di un processo “dal pozzo alle ruote”: in tal modo si conta la produzione di residui durante l’intero ciclo di vita del combustibile. La Fiat è sicura che un veicolo alimentato a biometano produca tanta CO2 quanta un veicolo elettrico, alimentato per di più attraverso fonti rinnovabili (come ad esempio un impianto eolico). Traducendo in cifre: fatte 100 le emissioni di una Panda 1.2 benzina, il valore si riduce a 69 passando al metano oggi in commercio, al 43 scegliendo un metano “allungato” (al 40%) con biometano ed al 3 quando viene utilizzato solo biometano, stessa percentuale di un’auto elettrica.
ITALIA LEADER POTENZIALE - Lo sviluppo del biometano è frenato in Italia da alcuni ostacoli, in parte logistici ed in parte legislativi: la rete di distribuzione resta insufficiente o mal distribuita, mentre il necessario completamento del quadro normativo determina ritardi nella produzione e nell’immissione in rete. La situazione è molto diversa in Europa, dove al momento sono attivi duecento impianti destinati alla produzione di biometano. Il ruolo di guida spetta al Germania, ma realtà virtuose sono anche l’Olanda e la Svezia: nel paese dei tulipani ha aperto l’anno scorso la prima stazione per il rifornimento di biometano in autostrada, mentre Stoccolma promuove fin da inizio anni ’90 l’uso del biometano nel settore dei trasporti. L’Italia ha potenzialità enormi e ancora inespresse: ad oggi avrebbe la capacità di produrre biometano per 2 milioni di metri cubi l’anno, grazie ai 1.500 impianti che trasformano rifiuti organici in biogas. Il biogas è composto per il 65% da metano, ma occorrono poche modifiche per adeguare tali strutture a produrre metano puro al 99% (utilizzato in ambito automobilistico o per il riscaldamento delle case).
CENTRI D’ECCELLENZA - Gli impianti di Ozegna e Pinerolo rientrano fra i 1.500 citati in precedenza. Lo stabilimento di Ozegna è gestito dalla società Egea, opera dal 2011 e lavora scarti di allevamenti o resti vegetali, che vengono poi trasformati in biogas. Il biogas alimenta a sua volta un motore, collegato ad un generatore: nel 2015 ha prodotto 4,2 gigawattora di corrente. Il sito di Pinerolo viene gestito dalla Acea Pinerolese e prevede un sistema integrato di tipo aerobico-anaerobico, al termine del quale vengono prodotte materia (il compost) oppure energia (biogas). La Acea Pinerolese è stata fra le prime in Italia ad optare per una soluzione di questo genere, fornendo nuove opportunità per l’intero settore del compostaggio dei rifiuti: sono frequenti i casi in cui impianti non più recentissimi vengono potenziati o riconvertiti grazie all’installazione di una linea per il trattamento aerobico, necessaria per aumentare l’efficienza, per diminuire la CO2 emessa e per ridurre gli odori.