PARITÀ DI GUIDA - Era rimasto l’ultimo paese a vietare alle donne di guidare, da oggi anche l’Arabia Saudita è “ambosessi”, automobilisticamente parlando almeno. La decisione era stata presa nell’autunno del 2017 dal re Salman e oggi 25 giugno 2018 la nuova normativa è entrata in vigore, con molte donne che già hanno ottenuto la patente.
OLTRE L’AUTOMOBILE - L’evento ha avuto grandissima eco nel paese: molte donne si sono messe al volante per affrontare la strada a mezzanotte e un minuto, a sottolineare quanto fosse grande l’attesa, e quanto sia grande l’entusiasmo per la novità. Le cronache parlano di soddisfazione e gioia per poter finalmente fare le commissioni in libertà, andare a prendere i figli a scuola, andare al lavoro, ma la vera sostanza è che la novità significa la fine di una cosa che agli occhi delle persone di altra cultura appare incomprensibile, anacronistica e soprattutto profondamente ingiusta, come ogni cosa che discrimina sulla differenza di genere.
PRINCIPE DI MODERNE VEDUTE - Il provvedimento di abolizione del divieto viene fatto risalire al principe ereditario Mohammed bin Salman che ha ispirato un piano statale di ammodernamento economico e sociale del paese, ma va detto che sono molti anni che in Arabia Saudita c’è un attivo movimento che lotta per il diritto delle donne alla parità . Il piano si chiama Vision 2030 e tra le misure comprese c’è appunto quella della patente delle donne. Il principe ha detto che vuole un “Islam tollerante e moderato, aperto al mondo e a tutte le religioni”. Il processo riformistico però non è semplice, tanto che il mese scorso ci sono stati ancora arresti tra gli attivisti per i diritti delle donne. E nel quadro generale, accanto al divieto di guida ora soppresso, sono tante altre le forme di discriminazione esistenti nei confronti delle donne, le quali hanno ancora bisogno del permesso del proprio tutore maschio (padre, marito, fratello, figlio) per fare molte cose, come viaggiare, sposarsi, mangiare da sole al ristorante, studiare, lavorare.