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Germania: via libera alle autostrade a pagamento

27 marzo 2017

Il ticket costerà in media 67 euro e non risparmierà gli stranieri. I controlli saranno effettuati tramite la lettura della targa.

Germania: via libera alle autostrade a pagamento

ANNI DI BATTAGLIE - La Camera bassa del Parlamento tedesco ha approvato l’introduzione di un pedaggio per le automobili che circolano sulle autostrade del Paese, calcolato sulla base di cilindrata ed emissioni fino a un massimo di 130 euro. Il nuovo sistema non entrerà in vigore prima del 2019. In questo modo la Germania porta a termine una lunga battaglia politica (il partito democratico CSU ne parlava dal 2013) e promette di investire fondi maggiori per il mantenimento della sua rete stradale, a dispetto delle critiche giunte dall’Unione Europea e dai paesi confinanti: Bruxelles aveva chiesto e ottenuto di non riservare il pedaggio ai soli automobilisti stranieri, regola che avrebbe sancito una forma di discriminazione, mentre i land di confine Saarland e Renania-Palatinato hanno annunciato di voler mediare per non svantaggiare i frontalieri.

DIESEL PENALIZZATI - I residenti dovranno pagare l’importo, ma in cambio riceveranno uno sconto sulla tassa di possesso che di fatto bilancerà l’aggravio, tanto più generoso quanto l’automobile sarà recente e di conseguenza meno inquinante. Con la nuova legge l’importo verrà calcolato in maniera proporzionale, secondo un metodo che tiene conto della lunghezza, della classe di omologazione e del tipo di carburante: le auto a benzina saranno tassate meno di quelle a gasolio. La somma incassata dagli automobilisti tedeschi verrà impiegata per il mantenimento dei 39.000 chilometri di strade statali e dei 13.000 chilometri di autostrade, mentre quella proveniente dagli stranieri sarà utilizzata solo per le autostrade.

ESCLUSE SOLO LE 2 RUOTE - L’importo medio dovrebbe aggirarsi intorno ai 67 euro. Il sito Auto Motor und Sport ha fornito qualche esempio: una Volkswagen Polo 1.2 a benzina del 2014 costerà 24 euro, una Volkswagen Golf 1.9 a gasolio del 2003 verrà tassata per 108,8 euro e una Passat 2.0 a gasolio del 2012 dovrà pagare 104,5 euro. La tassa non dovrà essere pagata dalle automobili a zero emissioni, da quelle guidate da persone con disabilità e da tutti i mezzi da lavoro, anche quelli pesanti, ma non dalle due ruote. Gli estremi del pagamento verranno memorizzati all’interno di una banca dati online, in maniera da consentire alle autorità di effettuare controlli a campione attraverso i normali lettori delle targhe. Le multe per i trasgressori non sono ancora state stabilite.



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Ritratto di lucios
27 marzo 2017 - 22:28
4
67 euro al mese. In tempi non sospetti, io li spendevo ogni due settimane qui.
Ritratto di Strige
27 marzo 2017 - 23:31
67 all'anno, mi pare di capire
Ritratto di lucios
29 marzo 2017 - 10:49
4
No, devi moltiplicarli almeno per una ventina di volte.
Ritratto di lucios
29 marzo 2017 - 10:50
4
In realtà era quello spendevo ogni 2 settimane (errata corrige).
Ritratto di andrea750
27 marzo 2017 - 23:05
Quando leggo queste notizie non posso non pensare a quanto siamo stupidi in questo Paese. I Tedeschi guadagnano mediamente di più, guidano su strade generalmente ben tenute e con macchine che qui in pochi si possono permettere...e fra sconti ecc. pagheranno neanche 100 euro all'anno per la "vignetta" da mettere sul parabrezza. Noi....lasciamo perdere. E' già tanto se dopo aver pagato quasi la stessa cifra per un solo viaggio anziché per un anno poi non ci becchiamo un cavalcavia sulla testa. Siamo un popolo di sudditi.
Ritratto di napolmen4
28 marzo 2017 - 11:56
LEGGI QUESTO SULLA TUA AMATISSIMA GERMANIA: "Archiviati i voucher, è venuta l’ora dei minijob. Sconosciuti in Italia, sono realtà quotidiana in Germania, il paese che li ha inventati e introdotti nel lontano 2003. Al governo, allora, c’era Gerhard Schröder, l’ultimo cancelliere in quota Spd che la Germania ricordi. Fu proprio la coalizione formata da socialdemocratici e verdi a varare la cosiddetta riforma del mercato del lavoro Agenda 2010 che comprendeva, tra le altre cose, i fatidici minijob. Il provvedimento passò con il sostegno a dir poco entusiastico della Cdu, guidata a quel tempo da un’Angela Merkel in ascesa. Per la Spd, politicamente, fu un disastro. Alle elezioni successive i socialdemocratici pagarono a caro prezzo per avere investito su una riforma che, a detta degli avversari, precarizzava il lavoro e demoliva il welfare di stampo renano, per di più scritta da un ex manager della Volkswagen, tale Peter Hartz. Di lì a poco uscì dal partito uno dei suoi esponenti storici, Oskar Lafontaine, che prima diede vita a una propria formazione politica assieme a sindacalisti e a tutti gli scontenti della linea di governo di Schroeder, e poi confluì con il Pds nella Linke. Fu proprio quest’ultima a capitalizzare il risentimento di larga parte dell’elettorato di sinistra e a imporsi come uno scomodo concorrente della Spd sui temi sociali. Da quel momento iniziava la lunga era Merkel. I socialdemocratici non avrebbero più riagguantato la cancelleria, al massimo si sarebbero adattati alla convivenza con la Cdu nel ruolo di alleati minori nella grande coalizione. I minijob, nel frattempo, erano legge. Nessun’altra riforma degli ultimi decenni ha diviso la Germania e scatenato opinioni controverse. Tecnicamente i minijob sono rapporti di lavoro rigorosamente part-time che non superano la soglia di 450 euro mensili e per i quali valgono consistenti incentivi fiscali per le imprese. Nel dettaglio, un contratto di questo tipo può essere applicato se si lavora non oltre 70 giorni all’anno – ad esempio, ogni mercoledì – o, comunque, non più di tre mesi consecutivi. Il principio è: chi guadagna poco non deve pagare tasse e versare contributi nelle casse della sanità e della previdenza pubblica. Ci sono situazioni nelle quali un minijob è visto in Germania come una soluzione temporaneamente utile. Vale per alcune categorie sociali – studenti e pensionati sono i casi più tipici – oppure per persone che si trovino in determinate fasi della propria vita, ad esempio uomini o donne che, dopo aver abbandonato l’attività professionale per motivi familiari, vogliano rientrare nel mondo del lavoro. Un altro settore nel quale abbia senso applicare questi contratti è quello di attività che per loro natura seguono cicli stagionali, soprattutto nell’agricoltura. Ma il rischio è che i minijob si trasformino in un vero e proprio vicolo cieco senza ritorno. Spesso, infatti, chi entra nel vortice di contratti a breve termine con l’idea che si tratti di una prospettiva temporanea, non ne esce più. La speranza di tornare a lavorare in forma più stabile e con contratti che diano diritto a vedersi versare i contributi si rivela spesso un’illusione. A questo si aggiunge il fatto che i minijob trovano larga applicazione in impieghi per lo più a bassa qualificazione che non consentono alcun percorso di formazione professionale per gli occupati, né prospettive di carriera. I vantaggi per le imprese sono indubbi. C’è chi sostiene che la riforma del “mini-lavoro” abbia consentito alla Germania di elargire in forma camuffata consistenti aiuti di Stato alla propria industria nazionale che ne avrebbe beneficiato soprattutto in termini di competitività delle esportazioni. Basta pensare che sotto la già ricordata soglia di retribuzione di 450 euro mensili le imprese sono completamente esonerate dal dover versare contributi per i propri dipendenti. Non ci vuol molto a intuire che questo sia tra i punti più contestati dai sindacati tedeschi. L’accesso dei lavoratori alle prestazioni del welfare dipende proprio dai contributi versati nelle casse dello stato. La conseguenza è che il popolo dei minijob si è trovato escluso da tutele in caso di malattia o infortuni sul lavoro o periodi di disoccupazione. Solo di recente è stato introdotto l’obbligo per i datori di lavoro di versare i contributi previdenziali ai fini pensionistici e per assicurare i dipendenti in caso di incidenti, anche se si segnalano casi di infrazione di imprese che scaricano sulle spalle dei dipendenti l’obbligo di pagarsi i contributi a proprie spese. A ogni modo, gli oneri fiscali a carico delle imprese non vanno oltre il 33,88 per cento della retribuzione, il che significa non più di 152,46 euro per un tetto massimo di 450 euro di stipendio. Risultato? Se una persona dovesse, con le regole vigenti, lavorare 45 anni passando da un contratto dì minijob all’altro, avrebbe diritto a una pensione di duecento euro mensili. Ma quanti sono i lavoratori tedeschi che figurano come occupati in versione “tascabile”? Stando alle statistiche più recenti il loro numero è costantemente salito fino a toccare la cifra di oltre sette milioni su un totale di 43 milioni di occupati. Di questi sette quasi cinque milioni sono cittadini che vivono esclusivamente di un reddito part-time sotto i 450 euro. Nel frattempo, però, è salito anche il numero di quelli che, pur avendo un impiego e un contratto “normale”, si trovano costretti ad arrotondare il proprio reddito e ad affiancare all’attività svolta anche un minijob, per il 56 per cento donne. Un dato di fatto che allarma i sindacati visto che sale la percentuale di cittadini che non riescono più a vivere con il reddito di un solo lavoro, come in passato, e devono ricorrere anche a contratti lavorativi atipici. E non è finita. Se la cifra dei minijob è aumentata costantemente dall’anno della loro introduzione, d’altra parte si sono persi per strada posti di lavoro full-time. Il che ha significato un calo di retribuzione, soprattutto nei settori a media-bassa qualificazione, e minore introito nelle casse del welfare. Ma per le statistiche il miracolo tedesco può andare avanti. Gli occupati sono aumentati, la disoccupazione non c’è, le imprese esportano. Il resto son dettagli. O quasi." BY GERMANY
Ritratto di vincenzo77
27 marzo 2017 - 23:42
Il nostro paese dei non si smentisce mai: paghiamo le tariffe più alte in assoluto; Paghiamo il prezzo più alto per il carburante; Paghiamo il bollo auto che non si capisce per cosa... E poi rimaniamo basiti quando nei paesi civili pagano il giusto: nel peggiore dei casi 130 euro l'anno. Che vergogna
Ritratto di Goly
28 marzo 2017 - 09:59
La tassa è giusta ma potrebbe essere un'arma a doppio taglio nel momento in cui lo Stato decidesse di innalzare l'asticella o ritoccare gli importi, obbligando l'automobilista a cambiare molto più spesso l'auto anche quando non necessario. Cmq io non capisco perchè anche se abbiamo le tecnologie disponibili non vengano sfruttate, alcuni esempi: il bollo si dovrebbe pagare in base ai chilometri percorsi e l'assicurazione in base ai giorni di effettivo uso. 20 anni fa dire cose del genere sarebbe stato blasfemo, ma oggi basta un impianto satellitare che comunichi costantemente con una centrale server inviando dati relativi a centimetri percorsi e secondi di effettivo utilizzo. Le tasse diventerebbero molto più giuste e sarebbe impossibile taroccare i km percorsi. Ritornando al tema delle autostrade, perchè i limiti di velocità sono uguali per tutti? una Punto del '96 a 130 km/h è sicura quanto un' A1 del 2016? secondo me no, né in termini di stabilità, frenata, sicurezza attiva o passiva. E allora perchè gli viene data la possibilità di andare a quella velocità ? Stessa cosa vale per i camion e soprattutto per i pulmann...
Ritratto di lodom
28 marzo 2017 - 10:19
Ma perchè vuoi pagare il bollo in base ai km percorsi, non ti bastano le assurde tasse sui carburanti? Il governo ci rapina in ogni modo e noi discutiamo sul come farci pelare meglio. Ci meritiamo questi politici e tutto quello che ci fanno. In un paese civile sarebbero tutti appesi ai lampioni per tradimento della patria
Ritratto di Goly
28 marzo 2017 - 11:53
Era solo un esempio per dire che chi più circola e più deve pagare. Non è giusto che a parità di auto, una persona che percorre 25000 km annui paghi lo stesso di una che ne percorre solo 5000. Le infrastrutture se le vuoi in perfetto ordine hanno bisogno di continua manutenzione a causa dell'usura. E, tralasciando gli agenti atmosferici, chi usura di più il manto stradale? chi percorre pochi km o chi ne percorre tanti ?
Ritratto di Etneo
28 marzo 2017 - 08:12
Noi debito alto, pagamento alto. Loro, debito pressoché zero, pagano una bazzecola.
Ritratto di acterun
28 marzo 2017 - 10:24
Finalmente avranno i soldi per mettere i catarifrangenti lungo i bordi delle autostrade e magari illuminare almeno gli svincoli. Se poi utilizzassero la segnaletica europea introdotta a metà anni '90 invece di quella del Lego...
Ritratto di Rock_or_bust
28 marzo 2017 - 10:59
Sia lodato il cielo! Finalmente il commento di uno che le autostrade tedesche le ha percorse davvero, e non scrive stupidaggini del tipo "ma quanto sono belle madamadoré" come fanno la maggior parte dei ciaparat italiani... Magari poi, in uno slancio di verità, li si riesce anche a convincere che, in quanto a cantieri, non sono affatto messi meglio di noi.
Ritratto di Blueyes
28 marzo 2017 - 11:44
1
Mi accodo a questo commento..premetto che ho fatto A/R Torino-Berlino e Torino-Stoccarda, quindi credo di sapere come sono fatte le autobahn. :-) La qualità non è assolutamente eccelsa, tanto per cominciare non hanno l'asfalto drenante (con la pioggia non vedi NULLA e te la fai veramente addosso), poi, specie nel ex blocco est, la copertura è fatta di lastroni di cemento coi classici saltini tipo cavalcavia... Poi altre assurdità tipo che alle uscite non ti scrivono la località, ma solo "uscita", della serie grazie al c...Confermo anche i cantieri frequenti. Comunque al netto di questo si viaggia meglio che da noi, la gente è civile, guida meglio ed essendoci meno tratti montani si va più veloce.
Ritratto di rebatour
28 marzo 2017 - 11:46
E che sostituiscano "Ausfahrt" col nome della località; anche il mio nipotino di due anni capisce che se vuoi uscire dall'autostrada devi prendere lo svincolo. Idem per la Svizzera.
Ritratto di dumbo54
28 marzo 2017 - 14:44
2
Noi paghiamo cifre folli perché le autostrade sono private ( lo Stato le ha regalate agli " amici" decenni fa). Come la Banca d'Italia, pezzi di Enel e eni, i telefoni, le poste e prossimamente, se non ci liberiamo in fretta dei piddini traditori, anche tutto il resto. Tutto con la scusa del debito pubblico, che è ovviamente una enorme bufala: in Giappone ( debito al 230% del pil) la Bank off Japan ne ha ricomprato circa 1/3, e stanno pensando di cancellarlo. Come potrebbe fare la Bce con i titoli del Qe. Con un clic su una tastiera, l'equivalente del l'antico tratto di penna.
Ritratto di dumbo54
28 marzo 2017 - 14:45
2
Finché facciamo i sudditi...
Ritratto di caronte
4 giugno 2017 - 22:04
E poi parlano male dell' Italia.