NUMERI PESANTI - Nei primi nove mesi del 2010 gli incidenti mortali sulle autostrade italiane sono aumentati del 14,6% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Delle 246 persone che hanno perso la vita, 31 in più rispetto al 2009, la maggior parte si concentra nei fine settimana e nelle ore notturne. A preoccupare, come sottolinea Giordano Bisemi, presidente dell'Asaps (Associazione amici della polizia stradale) è l'inversione di tendenza verso la diminuzione degli incidenti e dei feriti, entrambi calati del 1,3% rispetto all'anno scorso.
PASSI AVANTI - Anche la società Autostrade per l'Italia, che gestisce la maggior parte della rete autostradale, rileva che da inizio anno a settembre, sui loro tratti di competenza, ci sono stati 119 decessi contro i 114 del 2009. Sottolineando come, però, dal 1999 ad oggi, il tasso di mortalità si è ridotto di oltre il 70%. Un risultato ottenuto “grazie ad interventi mirati sulle infrastrutture: asfalto drenante, riqualificazione delle barriere spartitraffico, segnaletica ad alto impatto, pavimentazione ad alta aderenza, migliori standard di visibilità dei cantieri”. A questi si aggiunge anche l'effetto del Tutor che, sempre secondo Autostrade per l'Italia, ha permesso di ridurre di oltre il 50 per cento il tasso di mortalità nei tratti dove è installato.
SI CORRE TROPPO - Responsabili di tutte queste vittime, sono sempre le stesse cause: stanchezza, abuso di alcool e droghe che alterano lo stato psicofisico dei guidatori e, soprattutto, l'alta velocità. Ma non solo: in una recente intervista rilasciata al settimanale Panorama, Bisemi, ha fatto notare come nell'ultimo periodo ci siano stati tanti incidenti mortali nei quali sono stati investiti automobilisti scesi dalla propria auto, magari per prestare soccorso.
UN PROBLEMA DI VISIBILITÀ - “Chi scende dalla propria auto in autostrada non si rende conto di essere un birillo su una pista di bowling, non capisce che anche un leggerissimo sfioramento può essergli fatale. Mentre chi è fuori dall’auto vede arrivare una macchina anche a un km di distanza, chi sta guidando, soprattutto se è notte, si rende conto della presenza di un pedone solo quando ce l’ha a 100, 150 metri di distanza. Se calcoliamo che a 130 km/h si percorrono oltre 35 metri in un secondo si capisce benissimo che basta un po’ di stanchezza, un ritardo sul tempo di reazione e non c’è più scampo”.