LE SCELTE DI ENI, TOTAL E SHELL - Attesa da anni, la diffusione di massa delle auto elettriche è stata più volte annunciata, ma non si è ancora realizzata. A fare pensare che la situazione stia cambiando rapidamente non sono soltanto le strategia e i modelli annunciati dalle case automobilistiche, ma piuttosto le recenti strategie adottare dall’industria petrolifera che sta investendo ingenti risorse finanziare per appropriarsi di fonti rinnovabili. La scorsa primavera il colosso francese Total ha sborsato oltre un miliardo di dollari per acquisire le quote societarie della Saft, produttore di batterie per immagazzinare energia solare. Nello stesso periodo l’italiana Eni ha annunciato un piano per realizzare centrali fotovoltaiche di grandi dimensioni. Più di recente Shell, seconda industria mondiale del greggio dopo la Exxon, ha dichiarato di essere prossima ad effettuare importanti acquisizioni nel settore delle rinnovabili.
RIVEDERE LE STRATEGIE - La conversione dei colossi dell’oro nero non è casuale. A modificare i tradizionali piani di sviluppo non sono ragioni ambientali, ma di opportunità. E la principale ragione del cambiamento di rotta sarebbe proprio l’avvento dei veicoli elettrici, che obbliga l’industria del greggio a riformulare le strategie. Del petrolio estratto nel mondo, infatti, il 54% è destinato ai serbatoi delle auto, furgoni e camion, quota destinata a ridursi sensibilmente con la diffusione della mobilità a zero emissioni. E se nel 2015 le vetture a batterie vendute nel globo hanno superato appena la soglia di un milione di consegne, per il futuro le compagnie petrolifere attendono forti cambiamenti.
QUESTIONE DI SOPRAVVIVENZA - Gli indicatori a favore delle auto elettriche sono molti, dall’approvazione dell’accordo di Parigi per ridurre le emissioni di gas serra in atmosfera fino agli impegni presi da diversi Stati e istituzioni per contenere le emissioni di CO2. Secondo le stime di Shell e altri operatori del settore le vendite dei modelli elettrici dovrebbe toccare quota 30 milioni nel 2025 e 150 milioni nel 2040 con un calo della domanda di petrolio pari a 1,3 milioni di barili al giorno, ossia più del consumo dell’Italia. Visioni più ottimistiche farebbero salire i barili “evaporati” a circa 6 milioni al giorno contro una produzione odierna di 96 milioni di barili, riduzione destinata ad aumentare nei decenni successivi. Un “pericolo” per le finanze dell’industria del greggio che per rimanere competitiva è costretta a iniziare a investire sulle fonti rinnovabili per trovarsi pronta quando la domanda lo richiederà. E il 2025, per gli investimenti del settore petrolifero, non è molto lontano.