REALTÀ NEL 2017? - La Quantino funziona, ma difficilmente la vedremo in vendita nella veste di queste pagine. L’obiettivo di Nunzio La Vecchia (nella foto più in basso), patron della NanoFlowcell, non è avviare la produzione di serie del prototipo, ma indurre le case automobilistiche ad acquisire la tecnologia nascosta sotto la carrozzeria della piccola auto svizzera, quella delle batterie di flusso. Un fine che, secondo i responsabili dell’azienda elvetica, si potrebbe concretizzare già nel 2017 in quanto le trattative con un costruttore sarebbero già a buon punto.
LE BATTERIE DI FLUSSO - L’interesse per la tecnologia della NanoFlowcell è suscitata dalla possibilità di combinare buone prestazioni con un’autonomia sconosciuta finora ai modelli basati sulle batterie tradizionali. La Quantino, infatti, avrebbe quattro motori elettrici da 25 kW inseriti nel mozzo delle ruote che generano una potenza complessiva sfruttabile di 80 kW (108 CV), sufficiente per muovere la piccola vettura fino ai 200 km/h e di farla scattare da 0 a 100 km/h in 5”. Il tutto con un’autonomia dichiarata intorno ai 1.000 km. Un “pieno” che non è dato dall’energia degli accumulatori (non è presente nessuna presa di ricarica), ma da quella chimica inglobata nel liquido bi-Ion. In realtà di tratta di due liquidi dalla composizione top secret inseriti in due serbatoi separati (schema qui sotto). Miscelati insieme in una “flow cell” (cella di flusso) creano una reazione in grado di trasformare l’energia chimica in energia elettrica necessaria per ricaricare le batterie. Di fatto, funziona in modo simile a una full cell a idrogeno, ma sfruttando un “carburante” diverso. Altra attrattiva teorica è che il liquido bi-Ion sarebbe capace di “immagazzinare” energia con una densità di 600 Wh/l anziché di 80 Wh/l delle soluzioni simili fino ad oggi note. L’innovazione permetterebbe di avere serbatoi con ingombri non troppo grandi e ricaricabili in quattro minuti, nonché una batterie con durata stimata di oltre 10.000 cicli, quindi lunghissima.
TECNOLOGIA ALLA PROVA - Per dimostrare la validità della tecnologia della NanoFlowcell la società svizzera ha effettuato una serie di test, compresa una prova di 14 ore e 3 minuti senza soste e interrotta “per stanchezza del guidatore” mentre nei due serbatoi da 159 litri era presente ancora il 78% del “carburante” iniziale. Un test che ha lasciato molti dubbi in quanto effettuato senza la testimonianza di terze parti. Uno scetticismo che i responsabili di NanoFlowcell stanno provando a confutare facendo provare la Quantino a testate come TopGear UK e Auto Motor und Sport. L’esito delle prove è positivo per la funzionalità complessiva, ma lascia ancora qualche perplessità, soprattutto a causa dell’impossibilità di conoscere il composto chimico che genera la reazione per la produzione di energia.
NANOFLOWCELL RASSICURA - Assenza di informazione che non consente neppure di valutare i costi di produzione e le esigenze di distribuzione del liquido. Dubbi ai quali Nunzio La Vecchia risponde sostenendo che il liquido è atossico, ignifugo e che non deve essere stivato ad alta pressione, quindi sicuro e facilmente distribuibile. Anzi, l’infrastruttura può essere l’attuale con l’unica aggiunta di un erogatore di bi-Ion specifico. Quanto ai costi, il patron di nanoFlowcell sostiene che il “carburante” potrebbe essere prodotto su scala industriale a 10 centesimi/litro, importo che le citate testate giornlistiche ritengono improbabile. Per capire se la tecnologia avrà un futuro concreto non rimane che attendere il test di oltre 1.200 km previsto per i prossimi mesi e vedere se qualche casa automobilistica deciderà di adottare questa tecnologia.