TRACOLLO - La produzione nazionale di greggio è calata del 31,3% nel 2016 in Italia. Lo riporta il Sole 24 Ore, che spiega come il tracollo sia dovuto soprattutto al blocco del giacimento lucano della Val d’Agri (dopo l’inchiesta della Procura della Repubblica di Potenza che ha portato al sequestro, il 31 marzo scorso, del Centro Olio di Viggiano). Si è scesi quasi ai livelli produttivi di un ventennio fa, passando da 5,4 milioni di tonnellate di greggio estratti nel 2015 a 3,7 milioni del 2016, come emerge dai dati pubblicati sul sito del ministero dello Sviluppo economico (direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche). Continua a calare anche la produzione italiana di gas, soprattutto quella con estrazione in mare: circa 6 milioni di metri cubi l’anno scorso, in discesa del 12,4%.
QUADRO PREOCCUPANTE - Polemico Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia (una società indipendente di ricerca in campo energetico e ambientale): “La produzione nazionale di idrocarburi potrebbe tranquillamente raddoppiare per un volume aggiuntivo di 10 milioni di tonnellate di petrolio. Agli attuali livelli del prezzo del greggio, relativamente basso”, sui 40 euro a barile nel 2016, “questo equivale a un valore di tre miliardi di euro all’anno che servono per importare le stesse quantità dall’estero” . Tabarelli parla di occasione persa per muovere l’economia nazionale con attività di ricerca e produzione petrolifera: “È uno degli esempi di impossibilità di crescita dell’Italia”. E ora il 2017 preoccupa: i mancati introiti incideranno sul Pil e sull’occupazione con ripercussioni soprattutto in Basilicata. Inoltre, nessun pozzo esplorativo è previsto nei prossimi anni: si tende a ottimizzare i giacimenti esistenti piuttosto che investire in ricerca e sviluppo di risorse.