IN AUTO O A PIEDI, NON CAMBIA - Buche in città: da cinque anni a questa parte, la Cassazione si pronuncia sempre più spesso a favore degli utenti danneggiati, che si tratti di automobilisti, motociclisti, ciclisti o pedoni. Con la sentenza 24793, appena depositata, i giudici ribadiscono un concetto molto semplice: il gestore della strada ha l’obbligo di tenerla in sicurezza, anche se la rete viaria è particolarmente estesa. Spesso, infatti, i comuni rifiutano di risarcire i cittadini adducendo come giustificazione il fatto che la rete è tanto ampia da impedire una sorveglianza puntuale e continua. Una scusa (tecnicamente, “caso fortuito”) che la Corte suprema oggi rispedisce al mittente. Mentre dal 1999 al 2008 (l’anno della sentenza 20427, che ha cambiato le cose), l’orientamento degli ermellini era diverso: l’estensione della rete bastava di per sé a configurare il “caso fortuito”.
SERVONO LE PROVE - Attenzione, però: la stessa Cassazione (terza sezione civile) impone al danneggiato di cercare prove certe e concrete per dimostrare che il guaio (all’auto o alla persona) è stato provocato da una buca. Sono preziosi, aggiungiamo noi, il verbale delle forze dell’ordine, ma anche testimonianze e fotografie. Non solo: il danneggiato deve dimostrare di aver percorso quella strada con tutta la prudenza possibile, e che la buca non era evitabile in alcun modo. Si trattava, quindi, di un “trabocchetto” improvviso. La battaglia legale contro il gestore della strada (comune, o un qualsiasi altro ente) resta comunque complessa e faticosa.