UNO STUDIO CHE MANCAVA - La società d’analisi e consulenza KPMG Advisory ha presentato uno studio sulla mobilità non di linea, cioè i taxi e auto da noleggio con conducente (NCC), argomento notoriamente al centro dell’attenzione per le vicende relative all’arrivo di Uber. Lo studio è stato realizzato con il supporto dell’Unione dei Radiotaxi d’Italia ed è stato sostenuto dalla Cooperativa Radiotaxi 3570. L’iniziativa è stata voluta per dare al dibattito in corso elementi concreti di analisi del mercato, ciò per fare uscire la discussione dalle secche del confronto su questioni di principio senza supporti concreti fatti di numeri e dati precisi.
L’ITALIA E L’EUROPA - Titolo dello studio è “L’impatto dell’innovazione sulla mobilità non di linea. Regole, mercato e Finanza Pubblica” ed muove dalla descrizione della situazione attuale del settore. Secondo gli analisti della KPMG in Italia la domanda di “mobilità non di linea” ha una domanda costituita per il 65% a spostamenti di lavoro, il 25% per le esigenze dei privati e delle famiglie e per il 10% per turismo. Quanto all’offerta è composta da taxi (servizio obbligatorio di natura pubblica), NCC (servizio di interesse pubblico sottoposto a regime di autorizzazione), altre forme recenti (basate sullo sviluppo tecnologico e sulla c.d. sharing economy, come piattaforme digitali, car sharing, car pooling). Questo a fronte di una realtà dell’offerta dei taxi che è sostanzialmente in linea con gli altri paesi europei. In particolare lo studio riporta i numeri del confronto tra i taxi di Roma e Milano con quelli delle principali città europee, e si nota una sostanziale omogeneità con poche eccezioni.
LA SITUAZIONE DEI TAXI NELLE CITTÀ EUROPEE
| Taxi ogni 10.000 abitanti | Importo fisso alla partenza (euro) | Tariffa fissa iniziale (euro/km) | Tariffa a tempo iniziale (euro/ora) |
Madrid | 49,7 | 2,4 | 1,1 | 20,5 |
Milano | 36,0 | 3,3 | 1,1 | 26,3 |
Roma | 27,4 | 3,0 | 1,1 | 27,0 |
Parigi | 26,3 | 2,6 | 1,1 | 32,1 |
Londra | 26,1 | 3,1 | 1,8 | 29,8 |
Barcellona | 23,7 | 2,1 | 1,1 | 21,3 |
Berlino | 21,6 | 3,9 | 2.0 | 30,0 |
Bruxelles | 10,9 | 2,4 | 1,8 | 30,0 |
POCA SENSIBILITÀ AL PREZZO - Dato importante emerso dallo studio è che la domanda di taxi non è superiore all’offerta. A Roma e Milano dal 2003 a oggi il numero delle licenze è cresciuto del 21,4%, mentre la domanda potenziale è aumentata dell’11,3%. In questo quadro lo studio afferma che il fattore prezzo non è decisivo per gran parte dei consumatori. In particolare, per lo studio la sensibilità verso di esso risulta inesistente per la clientela che si muove per lavoro e minima per i privati, famiglie e turismo. Secondo il lavoro della KPMG, ciò significa che “anche nell’ipotesi di un aumento massiccio dell’offerta, le decisioni di consumo da parte degli utenti sono trainate da fattori diversi dal mero prezzo del servizio (es. meccanismi reputazionali legati al servizio taxi, barriere culturali etc.)”.
LE PROSPETTIVE DELLA LIBERALIZZAZIONE - Fatta la “fotografia” della situazione attuale, lo studio ipotizza uno scenario futuro che vedesse l’arrivo di nuovi operatori sul mercato, concludendo che questo allargamento dell’offerta non darebbe luogo a una diminuzione dei prezzi. Il risultato sarebbe un abbassamento di 1,6 euro su una corsa media di 15 euro, cosa che non porterebbe a un corposo aumento del numero degli utenti (l’incremento sarebbe solo dello 0,2%, concentrato nella categoria di chi si sposta per lavoro). Ciò mentre sul fronte degli operatori la crescita dell’offerta porterebbe a un significativo calo del guadagno (calcolato nel 20,5% in meno). La cosa porterebbe all’abbandono dell’attività da parte di non pochi operatori, che finirebbe con l’avere un costo per le casse pubbliche, sotto forma di una compensazione monetaria.
COSTI MOLTO FORTI - In proposito è stato calcolato che in caso di uscita dal settore di un massiccio numero di taxisti (lo studio riferisce che il potenziale è di 11.400 taxisti nelle sole Milano e Roma) una eventuale compensazione avrebbe un costo compreso tra 1,3 e 1,7 miliardi di euro. Questo tenendo conto di una cifra da compensare pari al valore del capitale investito, un’idea sostenuta anche dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM).