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Al Mauto torna l’epoca d’oro dei grandi rally

Pubblicato 26 ottobre 2022

La rassegna “The golden age of rally”, aperta fino al 2 maggio 2023, racconta l’epopea di una tra le più amate e popolari discipline automobilistiche. In mostra 19 auto che hanno fatto la storia delle corse.

Al Mauto torna l’epoca d’oro dei grandi rally

L’ETÀ DELL’ORO - La grande storia dei rally sbarca al Museo Nazionale dell'Automobile di Torino. A raccontarla, fino al 2 maggio 2023, saranno 19 splendide vetture da corsa, tutte ex ufficiali, provenienti dalla Fondazione Gino Macaluso per l'Auto Storica. La rassegna, a cura di Stefano Macaluso e Federica Ellena, è intitolata “The golden age of rally” e, com’è facile intuire traducendo il titolo dall’inglese, si concentra sull’epoca d’oro di una disciplina che ha fatto e continua a far battere il cuore a intere generazioni di appassionati.

PRONTI, PARTENZA, VIA! - La passeggiata tra i gioielli da corsa del passato comincia in pieno stile rallistico, varcando un arco con su scritto “Start” che ricorda la partenza di un vero rally. Ed ecco subito un’auto con un’incredibile storia da raccontare: è la rossa Mini Cooper S con cui Timo Mäkinen e Pekka Keskitalo vinsero il Mille Laghi nel 1967. La carrozzeria, sbiadita dai segni del tempo e per questo intrisa di un fascino difficile da spiegare, porta ancora le cicatrici di quella “battaglia", che in seguito allo sgancio improvviso del cofano anteriore costrinse il pilota finlandese a guidare per diversi chilometri senza vedere praticamente nulla, con la testa fuori dal finestrino e la macchina lanciata a tutta velocità tra enormi dossi di ghiaia circondati da alberi e fossi.

UN OMAGGIO ALL’ERA ANALOGICA DI UNO SPORT UNICO - Il percorso espositivo segue un preciso ordine cronologico. L’epopea dei grandi rally comincia negli anni ’60 e prosegue fino all’ultimo decennio del secolo scorso, celebrando di fatto l’era “analogica” di uno sport i cui aspetti più “avventurosi”, nel bene e nel male, oggi sono inevitabilmente temperati dagli enormi progressi tecnologici che, se da un lato hanno mantenuto inalterato il tasso di spettacolarità, dall’altro hanno avuto l’enorme merito di alzare notevolmente l’asticella della sicurezza per i piloti e per il pubblico. Si rizzano i peli sulle braccia al solo pensiero di intere schiere di spettatori che fino all’ultimo occupavano le piste, per tuffarsi ai bordi della strada pochi secondi prima che sfrecciassero bolidi da oltre 500 CV. Ma negli anni ’80 era praticamente la prassi: la gente impazziva per i “mostri” del Gruppo B, la categoria di auto da rally più evoluta ma anche più “sregolata” di tutti i tempi, abolita alla fine della stagione sportiva 1986 in seguito a una serie di incidenti mortali dovuti principalmente alla potenza eccessiva delle vetture, sempre più difficili da controllare su stradine che spuntavano all’ultimo tra due ali di folla impazzita.

IL RALLY COME CULTURA - Imperdibile è anche il capitolo relativo al periodo a cavallo tra gli anni ’60 e ‘70, contrassegnato da icone senza tempo come Lancia Fulvia HF, Fiat 124 Sport Spider, Alpine A110, Ford Escort, Porsche 911 e Lancia Stratos. “I primi anni ’70 sono irripetibili - spiega Stefano Macaluso -: le forze in campo erano equilibratissime e le battaglie tra le squadre ufficiali molto serrate, spesso decise per episodi in cui a prevalere era il team capace di trovare il guizzo vincente nei momenti di maggior difficoltà”. Con le sue incredibili vetture, la mostra “The golden age of rally” è un vero “museo nel museo” in cui scoprire una cultura sportiva che va ben al di là del mezzo meccanico. Disseminati lungo il percorso espositivo, caschi, tute, guanti, cronometri, quaderni delle note raccontano soprattutto di grandi donne e grandi uomini. Manager, piloti, meccanici, tecnici che, uniti nella grande famiglia dei rally, hanno saputo vincere le sfide e i rischi imposti dalla disciplina automobilistica che più ha contribuito allo sviluppo delle auto che guidiamo tutti i giorni.



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