L’ANNO PROSSIMO SI BALLA ANCORA… - Sembra proprio che le Case automobilistiche stiano predisponendo piani di produzione per il 2023 che tengono conto delle perdurante carenza di chip. Stellantis, ad esempio, secondo Sam Fiorani di AutoForecast Solutions (AFS) prevede già di ridurre la produzione 2023 della Jeep Cherokee a causa della carenza dei microprocessori. Il vice president of global vehicle forecasting in AFS stima che l'industria automobilistica nel 2023 può perdere 2 o 3 milioni di unità della produzione già pianificata. Questa cifra importante sarebbe comunque un miglioramento rispetto ai 3,6 milioni di veicoli persi finora nel 2022 e alla catastrofica perdita di 10,5 milioni di unità del 2021.
NON SI SALVA NESSUN MODELLO - La situazione sembra migliorare, con i fornitori che stanno segnalando un accesso più facile ai microprocessori, ma il settore è tutt'altro che “tornato alla normalità e vedendo che anche la produzione di veicoli ad alto margine è ancora difficoltosa capiamo che le soluzioni definitive non sono ancora arrivate”, prosegue Fiorani. I produttori di chip stanno investendo miliardi di dollari in nuovi impianti di produzione in tutto il mondo, ma ci vorrà del tempo prima che questa nuova capacità entri a regime e non è un caso che Volkswagen e BMW parlino di un miglioramento solo nel 2024 (qui la notizia). Nel frattempo, i tempi di consegna dei semiconduttori "rimangono molto alti - si parla di circa il triplo di quelli del 2019 - a causa della domanda elevata e di difficoltà produttive causate da incendi, fenomeni meteorologici estremi e altro”: a dirlo, come riportato da Automotive News Europe, è Phil Amsrud, principal analist nell'area dei semiconduttori automobilistici presso S&P Global Mobility. Amsrud rileva che "la questione oggi non è tanto sul numero assoluto dei chip prodotti quanto sul confronto fra i numeri odierni e quelli che si registravano prima di questa carenza. Quando i tempi di consegna torneranno a livelli più normali e si manterranno tali per un tempo abbastanza lungo, mi sentirò di dire che la situazione è in procinto di risolversi".
PRODURRE PIÙ CHIP: SI, MA QUANDO? - All'inizio dell'anno, molti speravano che la crisi dei microchip si risolvesse verso la fine di quest'anno o all'inizio del 2023, ma quest’ottimismo sta lentamente svanendo dato che i tempi di consegna dei semiconduttori rimangono lunghi e quindi i tagli produzione sono continuati. Sappiamo che gli USA vogliono tornare a produrre i chip in casa (qui la notizia) e anche l’Europa si muove in questa direzione (qui per saperne di più). Dan Hearsch, amministratore delegato di AlixPartners, ritiene che la capacità degli impianti che costruiscono i semiconduttori più usati dall'industria automobilistica (che sono mediamente meno moderni di quelli impiegati dall'elettronica di consumo, dall’informatica e dalle telecomunicazioni) “aumenterà di circa il 20% il prossimo anno”. Questo potrebbe però non bastare, sia perché le Case cercheranno di recuperare la produzione persa in questi anni sia per il fatto che il numero di microchip contenuti mediamente in ogni veicolo è in aumento e quindi “prevediamo ancora difficoltà nel 2023 nella realizzazione di tutti i dispositivi e gli accessori che, in numero crescente, stanno entrando nelle automobili”.
L’INCUBO RECESSIONE - Un’altra variabile da considerare, certamente non benevola, è una possibile recessione nel 2023, che potrebbe nascere da varie concause quali il conflitto in Ucraina, il caro energia, la scarsità delle materie prime e l’inflazione galoppante. Le Case hanno spesso dirottato i pochi semiconduttori disponibili verso i modelli più costosi - e quindi con margini più elevati - a danno dei modelli più economici. Questa politica, prevista per esempio scientificamente da Mercedes che vuole riposizionarsi ancor più in alto (qui la notizia) a basso costo, ha fatto salire notevolmente, in questi ultimi anni, il prezzo medio dei veicoli nuovi. Se l'economia dovesse entrare in recessione questa strategia, secondo Sam Fiorani, potrebbe dover essere ripensata. A suo parere questo approccio sta “tagliando fuori un’intera fascia di acquirenti. Rendere disponibili automobili che costino meno di 30.000 dollari aumenterebbe le vendite e sarebbe un potenziale stimolo per l'industria e l'economia". In effetti Carlos Tavares ha detto che le auto elettriche a prezzi accessibili arriveranno non prima di 5/6 anni (leggi qui la notizia) e quindi cosa si può fare nel frattempo? Le “utilitarie” ritorneranno in auge perché riscoperte dai costruttori? Staremo a vedere.