ENERGIA PIÙ CARA - Il ritorno alla normalità dopo le fasi acute della pandemia ha portato a molti effetti positivi per l’economia e la vita quotidiana, ma anche diverse negatività, come un aumento generalizzato dei prezzi delle materie prime e dell’energia. Ed è proprio quest’ultimo contraccolpo a rendere possibile un aumento dell’inquinamento in una maniera piuttosto subdola. Come? È semplice: mettendo in discussione la reperibilità dell’AdBlue, l’additivo a base di urea che è un elemento essenziale della “pulizia” dei moderni motori diesel Euro 5 e Euro 6. Questo liquido acquoso è infatti alla base del funzionamento dei catalizzatori SCR, molto efficaci nell’abbattimento dei nocivi ossidi di azoto: i motori più puliti, come i più recenti Audi, usano addirittura due SCR (qui per saperne di più). La fornitura italiana di AdBlue viene per circa il 60% dalla fabbrica di Yara Italia a Ferrara e quindi l’annuncio che questo impianto ha sospeso l’attività per quattro settimane ha destato un grande allarme. Ma qual è il motivo di questo stop? Qui torniamo all’inizio: i rialzi della bolletta avevano portato l’impianto a produrre in perdita e da qui la decisione di fermare la produzione.
L’ADDITIVO SCARSEGGIA E IL PREZZO SALE - Francesco Caterini, rappresentante legale di Yara Italia, ha spiegato che uno stop di quattro settimane - pochi giorni fa si è deciso di non prolungarlo ulteriormente e quindi l’impianto è ripartito - non può provocare la carenza dell’AdBlue in Italia, anche perché altri piccoli produttori importano urea dall’estero. La notizia dello stop di Yara ha comunque generato un aumento del prezzo dell’AdBlue anche a seguito di attività speculative. L’associazione degli autotrasportatori Trasportounito ha infatti segnalato che la notizia dell’interruzione delle attività produttive a Ferrara ha causato “fenomeni di accaparramento” e di “speculazione” tra i rivenditori, facendo passare il prezzo al litro da 25 a 50 centesimi di euro all’incirca ben prima che gli effetti dello stop fossero avvertibili: un raddoppio che va a gravare sui bilanci dei trasportatori e che avrà ricadute su gran parte delle merci, trasportate in larghissima parte dai camion. Lo stabilimento di Ferrara produce ammoniaca a partire dal metano fornito tramite tubazioni dall'Eni e il 60% dell'ammoniaca prodotta viene utilizzata direttamente nella produzione di urea, che è alla base anche della produzione di fertilizzanti e di additivi simili all’AdBlue usate per ridurre le emissioni delle centrali termoelettriche e dei cementifici. Yara ha dichiarato che per i fertilizzanti non c’è stata scarsità, dato che la domanda si farà importante solo in primavera ma si è visto che il loro prezzo è già aumentato.
IL PARADOSSO DELL’ADDITIVO - Fortunatamente i 140 lavoratori della fabbrica di Ferrara non hanno avuto problemi particolari, dato che in queste settimane l’azienda non ha fatto ricorso alla cassa integrazione e li ha impiegati in attività di manutenzione e formazione. Come spiegato da Caterini :“Il nostro costo principale non è il personale, ma l’energia. Al Governo non chiediamo aiuto ma una politica energetica per fronteggiare l’aumento del prezzo del gas”. È comunque paradossale che l’ammoniaca, la “materia prima” per produrre l’AdBlue, è tra i prodotti industriali che assorbe più energia per la produzione ed emette quindi, anche se indirettamente, molta anidride carbonica. Per ridurre gli ossidi d’azoto, quindi, si emette CO2: la soluzione comunque esiste ed è l’impiego di idrogeno verde in alternativa al metano.