COSÌ PARLÒ SALVINI - “Vogliamo abolire il superbollo e cancellare una tassa odiosa per dare ossigeno al mercato, sostenendo un settore prezioso che coinvolge, in modo diretto o indiretto, milioni di famiglie”. A dirlo era, a maggio del 2023, Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del governo presieduto da Giorgia Meloni. Nel giro di un paio di settimane, un gruppo di deputati della Lega aveva presentato un emendamento che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto portare all’abolizione di diverse micro-tasse già prima della chiusura estiva. Siamo in autunno inoltrato e, a distanza di quasi 6 mesi, dell’abolizione non se ne sente più parlare. E da quanto filtra, nemmeno nella bozza definitiva della legge di bilancio per l’anno 2024 ci sarà spazio per l’eliminazione del superbollo.
RESTA DOV’È - Quindi anche il prossimo anno, chi è in possesso un veicolo con potenza superiore a 185 kW è molto probabile che continuerà a dover pagare la sovrattassa da 20 euro per ogni kW sopra quella soglia (con riduzione a 12 euro dopo 5 anni dall’immatricolazione, 6 euro dopo 10 anni, 3 euro dopo 15 anni e abolizione dopo i 20 anni). Si calcola che, da quando è in vigore (dal 2011), il superbollo abbia portato alle casse dello Stato circa 1,2 miliardi di euro, quindi più o meno 100 milioni di euro all’anno. I più critici sostengono da sempre che il superbollo inibisca il mercato, portando a una perdita di gettito stimata di circa 400 milioni. Ciò perché molti potenziali clienti sarebbero molto più restii ad acquistare le auto più potenti, mentre i proprietari di supercar e non solo sarebbero spinti a disfarsi delle loro auto, soprattutto vendendole all’estero.
VOLONTÀ O NECESSITÀ? - L’assenza di una misura per l’abolizione del superbollo è quindi espressione di una volontà politica da parte del governo di mantenerlo, a dispetto di dichiarazioni di facciata, oppure in questo momento mancano le risorse per rinunciare a un’entrata certa derivante dalle auto più potenti?