Intervenuto al Salone internazionale dell’auto di Parigi, l’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne ha incontrato i giornalisti, in attesa della conferenza stampa ufficiale della casa italiana. I temi caldi sul tavolo sono parecchi, specie dopo il confronto dei vertici dell’azienda con il governo (leggi qui) e le polemiche con le case tedesche (leggi qui) e con Diego Della Valle (leggi qui), in un contesto occupazionale e di mercato molto difficile qual è quello attuale.
Si è letto in questi giorni sui quotidiani italani che per risanare la Chrysler Marchionne ha preso i soldi da Obama. Ed è stato scritto tanto anche di Fabbrica Italia, anche se pochi ricordano che nell'ottobre del 2011 c'è stata la comunicazione alla Consob. Secondo lei l'insistenza su questi temi é un problema della stampa, del governo dei sindacati; c'è stata troppa approssimazione sull'argomento?
I fatti sono questi. I governi americano e canadese hanno prestato 7 milardi di dollari ripagati nel maggio 2011 con quasi il 20% di interessi. Io ho ringraziato il presidente, ma i soldi sono stati restituiti. Delle tre case di Detroit siamo gli unici a non avere debiti con il governo. Per quanto riguarda il discorso di Fabbrica Italia, ne abbiamo parlato parecchie volte: nell'ottobre 2011 siamo stati chiari dicendo che abbiamo confermato l'impegno col governo. Lasciamo stare le differenze di opinioni con alcune case tedesche. Il fatto è che esiste un problema in Europa e va affrontato. Non chiediamo fondi all'Italia o all'Europa. Abbiamo spiegato che la situazione europea va gestita e presto. Bisogna recuperare gli investimenti fatti. Abbiamo chiesto pazienza perché dobbiamo stabilire la tempistica per gli investimenti. E' il nostro ruolo, non lo deleghiamo ad altri. Non dobbiamo mettere a rischio la Fiat; dobbiamo avere la libertà di agire come imprenditori, scegliendo in autonomia i tempi degli investimenti.
La vertenza innescata dalla Fiom e in particolare quella che ha riammesso in azienda il gruppo di oltre 140 lavoratori, non rischia di creare danno all'azienda, ingabbiandone la libertà d'impresa?
Noi non condividiamo la decisione della magistratura sullo stabilimento di Pomigliano. La maniera in cui la Fiat è costretta a rapportarsi con i suoi lavoratori, è unica nel mondo. Non ci sono obblighi simili nel mondo, perché non ci sono interferenze nella gestione del business. In questi giorni abbiamo firmato un contratto in Canada. Siamo andati avanti parecchio nelle trattative, ma alla fine abbiamo risolto i problemi. Né in Argentina, né in Brasile e neppure negli Stati Uniti abbiamo visto cose simili. Ovviamente una situazione di questo tipo non può che influenzare il nostro modo di lavorare. A Monti ho detto che il Paese deve essere capace di attirare investimenti in Italia. Il sistema in Italia fa paura alle case straniere, sembra difficile da gestire visto dall'estero. Se andiamo a creare una iperstruttura attorno all'imprenditore e gli chiediamo di rispettare delle regole che sono incerte, difficili da capire, questo può essere un problema. In chiave europea tutto ciò preoccupa. Il provvedimento del giudice che si basa sul concetto di discriminazione è unico e crea una reputazione negativa del paese in Europa e nel mondo che non aiuta certo né il paese né le aziende. Monti si è assunto il compito di migliorare il grado di competitività del paese. E' un impegno importante che può dare anche più respiro all'export del paese, che ha una domanda interna in diminuzione. Ognuno deve fare la sua parte per superare la differenza con gli altri paesi, non viviamo nelle condizioni ideali, ma dobbiamo lavorare assieme al governo.
Rimane l'obiettivo della fusione con Chrysler?
L'integrazione è un obiettivo condiviso con la Chrysler. E un matrimonio da completare, siamo rimasti fidanzati abbastanza a lungo.
Visto che avete scelto di aspettare momenti migliori per decidere nuovi investimenti e che resterete senza nuovi modelli fino al 2014, qual è il futuro prossimo di Fiat?
I nostri centri ricerche e sviluppo continuano a lavorare. Cosa diversa è mettere sul mercato un prodotto che non potrebbe avere futuro. Investire centinaia di milioni di euro per lo sviluppo di un nuovo prodotto e lanciarlo in un mercato che non può assorbirlo, sarebbe un errore. Questi sono momenti delicati. A Las Vegas abbiamo presentato tre modelli nuovi: là il mercato è ricettivo; in Brasile abbiamo avuto tre mesi record. In Italia e in Europa è diverso. Abbiamo visto anche la reazione degli altri costruttori. In questo mercato c'è anche chi soffre più di noi. E' una realtà condivisa. Dobbiamo portare avanti un processo di razionalizzazione. E' un problema europeo, non dei singoli paesi, quindi va affrontato assieme agli altri paesi.
Nell'incontro di sabato si è parlato di un intervento sul piano fiscale per agevolare le esportazioni? Inoltre, l'impegno di Mirafiori nella produzione per i mercati stranieri è confermato? Infine, tra le difficoltà che affliggono l'Italia industriale non crede che ci sia anche la polemica tra gli imprenditori?
Ho poco da aggiungere sull'ultimo punto. Quanto al secondo punto, ripeto che la strategia giusta in questo momento è quella di utilizzare la rete industriale italiana per dare una risposta alle esigenze del mercato estero. La vera domanda è come usare la rete italiana, per esempio, per sostenere la domanda americana. In Usa siamo vicini al massimo della produzione. Dobbiamo ottimizzare le scelte, continueremo a muoverci con l'obiettivo di avere abbastanza macchine per soddisfare la domanda in America. A Toledo in Usa è partito il terzo turno di lavoro. Nel prossimo futuro (18-24 mesi) la rete produttiva americana sarà ancora sufficiente, ma poi serviranno nuove risposte. Per quanto riguarda la prima domanda, posso dire che ci sono grandi margini di intervento per rispondere al bisogno di export del paese. Di zavorre in Italia ne abbiamo abbastanza. Il fisco è una di queste, ma si può fare parecchio per venire incontro alle esigenze di investimento degli imprenditori.
Senza la Chrysler la Fiat cosa sarebbe?
Avremmo patito le pene dell'Inferno in Europa
Non pensa che potrebbe servire alla Fiat rientrare in Confindustria, per aumentare le pressioni sul governo e lavorare al miglioramento della competitività delle aziende italiane. E la fiom che percentuale ha avuto di responsabilità nel ritiro del piano Fabbrica Italia?
Su Confindustria siamo stati chiari; credo che non siano cambiate le prospettive di Confindustria, quindi nonostante il cambio di leadreship, tutto è come prima. Non ci manca Confindustria. Abbiamo un ottimo rapporto con l'Unione Industriali. Abbiamo parlato con Monti anche dei problemi valutari, euro/dollaro. In Usa hanno reagito con tassi di interesse molto bassi, per favorire l'industria e favorire gli investimenti. In Europa ora abbiamo il problema di trovarci di fronte a un'economia americana ristrutturata, con un dollaro basso che favorisce le esportazioni. Sono argomenti che competono più alla Bce, a Mario Draghi. Interessi più bassi e iniezione di liquidità nel sistema europeo, è questo che serve. Riguardo alla Fiom posso dire che non c'entra niente con il ritiro di Fabbrica Italia. Sono cambiati i mercati, la situazione europea è peggiorata. Secondo le nostre previsioni i volumi di vendita continueranno a scendere in Europa e in Italia. Alla fine dell'anno nel nostro paese saremo sotto la soglia del milione e quattrocentomila immatricolazioni. In nove anni non ho visto cose simili, siamo a livello degli anni 60/70.