L’EUROPA VUOL DIRE LA SUA - Caro energia e scarsità delle materie prime stanno deprimendo le produzioni di tutto il mondo. Una delle carenze più devastanti, perché colpisce trasversalmente molti settori industriali, è quella dei chip, settore nei quali l’Europa ha una produzione marginale. La Commissione Europea ha finalmente deciso di provare a risanare la situazione con l’European Chips Act: 11 miliardi per raddoppiare la produzione entro il 2030 e modifiche ai regolamenti. Oltre ai fondi si è infatti pensato ad ammorbidire le regole sugli aiuti di Stato e ad aggiungere un meccanismo per consentire ai Paesi dell’Unione di fare pressioni sui produttori in caso di scarsità gravi.
UNA DIPENDENZA CHE FA MALE - La Commissione evidenzia il fatto che l’Europa ha una produzione di microchip che è meno del 10% del mercato globale ed è molto dipendente da di Paesi terzi per le forniture. Se si verificasse una pesante interruzione della catena di approvvigionamento globale le riserve europee di chip si potrebbero esaurire in poche settimane, con particolare riferimento a settori industriali importanti quali l’automotive o gli apparati medicali. In effetti uno scenario del genere si è già verificato, portando la vendita delle auto europee ai minimi storici (qui per saperne di più). Il piano della Commissione Europea auspicabilmente "rafforzerà la competitività e la resilienza dell'Europa e contribuirà a realizzare sia la transizione digitale sia quella verde".
INNOVAZIONE A RISCHIO - In effetti i chip sono essenziali per tutte le innovazioni, comprese quelle verso la sostenibilità. Thierry Breton, commissario per il Mercato interno, ha infatti affermato che “senza chip non vi può essere nessuna transizione digitale, nessuna transizione verde, nessuna leadership tecnologica. Garantire l'approvvigionamento dei microchip più avanzati è diventata una priorità economica e geopolitica". Il Chips Act conta su "organizzazioni e reti di ricerca e tecnologia" che, secondo Bruxelles, sono leader a livello mondiale. Ma anche la produzione è ben messa perché in Europa ci sono "una serie di produttori di apparecchiature all'avanguardia". Per recuperare occorre porre rimedio alle debolezze dell'industria Europea in questa area creando "un solido settore dei semiconduttori, dalla ricerca alla produzione, e una catena di approvvigionamento resiliente".
FONDI IN PRIMO LUOGO - Un ruolo importante è assegnato agli 11 miliardi di fondi europei pensati per "rafforzare la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione esistenti, per garantire la diffusione di strumenti avanzati per semiconduttori, linee pilota per la prototipazione, i test e la sperimentazione di nuovi dispositivi per applicazioni innovative nella vita reale, per formare il personale e per sviluppare una comprensione approfondita dell'ecosistema dei semiconduttori e della catena del valore". Si confida anche nelle modifiche alle norme sugli aiuti di Stato per "garantire la sicurezza dell'approvvigionamento attraendo investimenti e potenziando le capacità di produzione". Nascerà un Chips Fund che "faciliterà l'accesso ai finanziamenti per le start-up e aiutarle a maturare le loro innovazioni e ad attrarre investitori". Si pensa ad "uno strumento di investimento azionario" rivolto alle PMI e inquadrato nel programma InvestEU. In questo nuovo scenario, che potrebbe implicare un allentamento delle norme sugli aiuti di Stato, la Commissione punta a movimentare investimenti pubblici e privati per un totale di 43 miliardi di euro. Questo potrebbe riuscire a far raddoppiare la produzione di semiconduttori in Europa, portando la quota globale dell’Unione al 20% entro il 2030.
COSA FARE NELL’IMMEDIATO? - Se si muovesse un volano del genere l’Europa sarebbe quasi al livello dei 52 miliardi messi in campo dagli Stati Uniti (qui per saperne di più). Nel documento della UE si legge che la Cina nel 2025 avrà investito circa 150 miliardi di dollari in 10 anni mentre la Corea del Sud, grazie a incentivi fiscali e aiuti, potrebbe mobilitare 450 miliardi di dollari fino al 2030. Riguardo il “qui e ora” la Commissione propone un coordinamento tra gli Stati e la Commissione stessa per "discutere e decidere da subito misure tempestive e proporzionate di risposta alle crisi". In pratica questo terzo pilastro da un lato vuole osservare le catene di approvvigionamento per prepararsi a nuove crisi. E dall'altro lato servirà a sollecitare Paesi terzi e produttori perché garantiscano di microchip alle aziende europee ma si spingerà anche la creazione di partnership privilegiate e prioritarie.