UNA FERRARI SPECIALE PER L’AVVOCATO - Sofisticata, elegante, nobilitata da slanci a tratti imprevedibili e mai banali. Come l’uomo che, nel 1966, la volle unica nel suo genere, con tre posti, quello di guida centrale e leggermente sfalsato in avanti. Una soluzione così “inusuale” che, nel rarefatto mondo delle supercar, si sarebbe rivista solo 27 anni più tardi sulla McLaren F1. Torna a godersi le luci dei riflettori, al termine di un profondo restauro durato quattro anni, la Ferrari 365 P Berlinetta Speciale ex Gianni Agnelli. Svelata ieri sera nella piazza del Museo Nazionale dell’Automobile di Torino in un evento organizzato dalla Kidston, rinomata società svizzera d’intermediazione nella compravendita di automobili d’alta collezione, la fuoriserie del Cavallino Rampante allestita dalla Pinfinarina per l’ex patron della Fiat rimarrà esposta fino al 18 febbraio 2023 al primo piano del museo, dove una mini-rassegna racconta, con anche una gigantografia di sei immagini in bianco e nero originali dell’epoca, il legame tra l’eccentrico capitano d’industria torinese e una delle sue più estrose ed esclusive compagne di viaggio.
UN REGALO IMPORTANTE - Donne bellissime, barche da sogno, orologi di lusso, ville esagerate. E poi le automobili, naturalmente. Meglio se “cucite” su misura e velocissime. Non è un mistero che Gianni Agnelli avesse il piede pesante e in molti, tra quelli che l’hanno conosciuto da vicino, lo ricordano come un bravo pilota. La Ferrari 365 P Berlinetta Speciale non fu la prima rossa dell’Avvocato, ma è senza dubbio quella che meglio ne rappresenta il sofisticato gusto in tema di motori. Oltre a segnare una tappa molto importante nella sua vita: nell’anno in cui decise di regalarsela, il 1966, Agnelli ereditò da Vittorio Valletta, il suo storico mentore, il timone dell’impero di famiglia che avrebbe guidato a lungo, prima di spegnersi a 81 anni, dopo mesi di malattia, la mattina del 24 gennaio 2003.
FERRARI, CHE PASSIONE - “Agnelli amava alla follia le Ferrari e la sua scelta di una fuoriserie con il posto di guida al centro era motivata da una ragione ben precisa - ricorda il designer Leonardo Fioravanti, che all’epoca, alla Pininfarina, era l’uomo a cui il numero uno della Fiat faceva riferimento per veder realizzati i suoi sogni su ruote “fuori catalogo” -. Una volta, guidando a tutta velocità proprio una delle sue Ferrari, uscì di strada e si schiantò contro una roccia. Nell’impatto si ruppe la gamba sinistra, che non tornò mai più quella di prima e rimase rigida. Guidare auto sportive, per lui, divenne scomodo, ma siccome non voleva rinunciare a questo piacere chiese alla Pininfarina di fare quello che, all’epoca, si chiamava studio di abitabilità. Così studiammo un sistema con un fila di tre sedili sfalsati: quello di sinistra, ruotando, gli consentiva di allungare la gamba offesa senza doverla piegare e accomodarsi senza sforzo al posto di guida”. Ma non fu quella l’unica richiesta “insolita” dell’Avvocato. “Sempre per non sforzare la gamba sinistra - prosegue Fioravanti - si fece montare il cambio semiautomatico Sportomatic della Porsche, che per essere azionato non richiedeva l’utilizzo del pedale della frizione, ma quella trasmissione dette non pochi problemi, essendo progettata per gestire potenze assai inferiori a quelle dei motori Ferrari. Tramite alcune sue conoscenze in Germania, poi, si fece costruire anche uno speciale tetto in vetro con protezione solare, in modo che nell’abitacolo entrasse la luce, ma non il calore”.
BARN FIND INNEVATO - Di questa esclusiva one-off del Cavallino Rampante conserva un nitidissimo ricordo anche Simon Kidston: “Vidi per la prima volta la Ferrari 365 P Berlinetta Speciale “tre posti” a 19 anni, ritratta su una rivista di auto francese - racconta il fondatore dell’azienda che porta il suo nome e che, quattro anni fa, ha scovato questo “unicorno” d’inestimabile valore -. Trent’anni dopo, al concorso Cavallino Classic di Palm Beach, in Florida, un signore mi raccontò di una Ferrari di cui sicuramente non potevo aver sentito parlare, ma che valeva senz’altro la pena di essere comprata per la sua unicità. Dodici ore dopo ero a Newark e la vidi: era lei, una Dino in scala più grande, con il volante al centro, coperta dalla neve. La persona che mi segnalò l’auto mi aveva garantito che per rimetterla in pista sarebbe stato sufficiente un bel tagliando, invece ci sono voluti quattro anni e i migliori professionisti italiani in circolazione per farla tornare al suo antico splendore. Li ringrazio di cuore: hanno riportato in vita la macchina che più di ogni altra rappresenta l’icona Gianni Agnelli nel mondo”.