BILANCIO PESANTISSIMO - La guerra, si sa, fa comodo solo a pochi: non ai cittadini e ai soldati, che rischiano la vita e soffrono in maniera indicibile, e non all’economia non-bellica, che viene compressa da ristrettezze e difficoltà di ogni tipo. Un esempio molto attuale sono le ricadute che le sanzioni alla Russia, prese come contromisura dopo l’invasione dell’Ucraina, potrebbero portare alle Case automobilistiche europee. I gruppi più colpiti sarebbero Volkswagen, Stellantis e Renault perché presenti in Russia con impianti produttivi. Le possibili ripercussioni sono state già oggetto di un articolo (leggi qui la notizia) e oggi cerchiamo di approfondire la questione.
RENAULT AVTOVAZ, SI CORRE AI RIPARI - Il Gruppo Renault è molto esposto in Russia dato che controlla AvtoVAZ, il produttore del marchio Lada (nella foto in alto il modello Vesta), un leader del mercato locale. AvtoVAZ ha una grande stabilimento a Togliattigrad e un impianto più piccolo nei dintorni di Mosca; la Russia è il secondo mercato più grande del gruppo Renault dopo quello francese. Il ceo Luca de Meo ha dichiarato durante una call con gli investitori: "Abbiamo un grande interesse per il mercato russo” e ha ricordato che le vendite di Lada sono per il "90% in Russia” e che l'approvvigionamento dei componenti è locale, cosa che potrebbe limitare eventuali carenze causate da parti importate in Russia. Anche responsabile finanziario di Renault, Clotilde Delbos, ha ricordato che il debito e il finanziamento di AvtoVAZ sono locali e quindi non riguardano direttamente il Gruppo Renault. Nicolas Maure, ceo di AvtoVAZ, ha detto martedi (quindi prima del secondo round di sanzioni occidentali, che colpiscono anche l’hi-tech) che AvtoVAZ sta cercando di diversificare le forniture di chip per limitare le conseguenze di sanzioni in questo settore. Dopo l’inizio dell’invasione Renault ha però parlato di piani per chiudere o spostare le attività di produzione proprio a seguito dell’escalation militare e di difficoltà nella logistica.
VOLKSWAGEN E L’IMPIANTO DI KALUGA - L’area di Kaluga, a circa 180 km da Mosca, è molto importante per l'industria automobilistica russa: ci sono impianti di fornitori importanti, come Continental, Magna International e Visteon (semiconduttori e strumentazioni) e OEM come Volkswagen e Stellantis. Lo stabilimento di Volkswagen costruisce Tiguan, Polo e Skoda Rapid oltre costruire motori e assemblare Audi Q7 e Q8 da kit inviati dall’estero. La produzione del 2021, come riportato da Autonews Europe, è stata di 118.000 veicoli a fronte di una capacità produttiva di 150.000 unità all'anno. Volkswagen ha anche un accordo con GAZ per assemblare vetture VW e Skoda nella fabbrica di questo produttore a contratto a Nizhny Novgorod. La Russia non è secondaria per Volkswagen, che comunica di aver investito più di 1 miliardo di euro nell’impianto di Kaluga e più di 2 miliardi per le sue operazioni in Russia. Volkswagen ha dichiarato, dopo l’invasione, di avere piani per fermare o spostare la produzione russa e di dover interrompere la produzione, per qualche giorno, in due stabilimenti tedeschi a causa dei ritardi nell’arrivo di parti prodotte in Ucraina.
I FURGONI STELLANTIS A KALUGA - Anche Stellantis ha uno stabilimento a Kaluga: è il frutto di una joint venture con Mitsubishi Motors, che sappiamo essere parte dell’alleanza che comprende anche Renault e Nissan. A gennaio Stellantis aveva annunciato che avrebbe iniziato a esportare in Europa i furgoni costruiti a Kaluga. L’impianto ha iniziato la produzione nel 2017 per PSA ed è poi entrato nell’orbita di Stellantis dopo la fusione con FCA; attualmente assembla furgoni a marchio Peugeot, Citroen e Opel. Stellantis aveva dichiarato martedì che "Stiamo monitorando da vicino la situazione e non abbiamo ulteriori commenti in questa fase".
COINVOLGIMENTI MINORI - La Mercedes-Benz ha investito più di 250 milioni di euro in un impianto a nord ovest di Mosca che costruisce le Classe E berlina e suv. La fabbrica ha circa 1.000 dipendenti ed è stata aperta nell'aprile 2019. Merceds ha dichiarato, prima dell’invasione, di essere "molto preoccupata per i recenti sviluppi e speriamo che un'ulteriore escalation possa essere prevenuta. Naturalmente, prendiamo in considerazione anche le sanzioni applicabili nelle nostre attività commerciali con la Russia". BMW si è accordata dal 1999 con la russa Avtotor per un impianto a Kaliningrad per l’assemblaggio di kit importati. L’azienda tedesca aveva anche piani per una produzione completa ma essi sono stati cancellati nel 2020. Ford è stata la prima casa globale e iniziare l'assemblaggio di veicoli in Russia, aprendo una fabbrica a San Pietroburgo nel 2002 ma nel 2019 è però uscita dal mercato russo delle automobili a seguito di un piano di snellimento dei costi. Ford ha quindi chiuso anche altri 2 suoi impianti di assemblaggio e uno stabilimento di produzione di motori ma continua ad assemblare furgoni con il partner russo Sollers.
L’OCCIDENTE È MOLTO ESPOSTO - La Ford ha commentato, dopo l’invasione, di essere ”profondamente preoccupata" per la situazione e che avrebbe "gestito qualsiasi effetto" sulla sua attività in tempo reale, rispettando le eventuali sanzioni commerciali. BMW ha dichiarato all'Associated Press che "la politica stabilisce le regole entro le quali operiamo come azienda. Se il quadro cambia, valuteremo la situazione e decideremo come affrontarli". Sono molte altre le aziende impegnate in Russia e che quindi potrebbero avere difficoltà: citiamo Nokian, BP, Generali, il gruppo italiano di engineering Maire Tecnimont, il ramo di Rolls-Royce che costruisce i motori degli aerei, Shell, Total e Toyota. Un altro effetto delle sanzioni potrebbe aversi nella produzione dei catalizzatori: la Russia produce circa il 38% del palladio mondiale, escluso il materiale riciclato, e quindi Mark Wakefield, della società di consulenza AlixPartners, ritiene che ”è difficile pensare a un business automobilistico globale che non abbia palladio proveniente dalla Russia. In ogni caso, viste le scorte, ci potrebbero essere difficoltà non prima di 6 mesi".