UN’AUTO RIVOLUZIONARIA - A volerle descrivere in poco più d’una riga, le automobili di cent’anni fa erano fatte grossomodo così: motore a valvole laterali, freni a tamburo sulle sole ruote posteriori, telaio separato dalla carrozzeria e sospensioni ad assale rigido. Poi arrivò la Lancia Lambda, che con il suo incredibile concentrato di innovazioni rivoluzionò l’anatomia automobilistica. Delle soluzioni più visionarie, a partire dalla struttura portante dello chassis, archetipo del layout su cui si basano le vetture dei giorni nostri, molto si è detto e scritto. Assai meno si sa, invece, dei metodi produttivi che portarono alla realizzazione della vettura, motivo per il quale in pochi, persino tra gli intenditori, hanno un quadro realmente completo della cifra innovativa di un progetto che, a distanza di un secolo, continua ad affascinare chiunque lo osservi, e non solo chi, per passione o per mestiere, si occupa di tecnica e tecnologia.
A IMMAGINE E SOMIGLIANZA DEL PATRON - Per analizzarne a 360 gradi la genesi, l’evoluzione, ma soprattutto l’eredità tecnica e industriale della Lancia Lambda - a buon ragione considerata il capolavoro di Vincenzo Lancia - lo scorso sabato, in occasione del grande raduno con cui il Lancia Club e il Registro Italiano Lancia Lambda hanno riunito all’ombra della Mole una quarantina di equipaggi provenienti da tutta l’Italia e da diversi Paesi europei, il Museo Nazionale dell’Automobile di Torino ha organizzato un convegno di approfondimento. “La Lancia Lambda rappresenta un concentrato di innovazioni unico, dalla carrozzeria portante alle sospensioni anteriori indipendenti, dal sistema frenante integrato a comando simultaneo al motore a V, e il fatto che il set dei brevetti di fabbricazione dei suoi componenti fu esteso in America, dove a differenza dell’Italia all’epoca venivano riconosciute e brevettate solo le idee realmente utili e funzionanti ne è una dimostrazione”, spiega il professor Lorenzo Morello, ex ingegnere Fiat e docente del Politecnico di Torino e grande esperto del modello. Che prosegue: “In un certo senso, si può dire che la Lambda sia una diretta conseguenza del curriculum formativo di Vincenzo Lancia, che pur non essendo un progettista, da ottimo pilota e collaudatore qual era, era un fine conoscitore dell’automobile al quale interessava soprattutto fare una macchina facile da guidare e con prestazioni superiori alla media”.
UNA FABBRICA ALL’AVANGUARDIA - Vincenzo Lancia, che per mettere ordine tra le sue brillanti intuizioni non usava carta e matita, ma un regolo e pochi altri strumenti meccanici ormai caduti in disuso, non era quel genere di capitano d’industria che dirige la propria azienda delegando la maggior parte dei compiti e delle decisioni pratiche alla dirigenza. Ed è proprio questo, sottolinea Morello, il principale segreto alla base del clamoroso successo della Lambda, costruita in oltre 13.000 esemplari tra il 1923 e il 1931 e pietra miliare nella rivoluzione tecnica che ha portato alla nascita dell’automobile moderna. “L’organizzazione della catena di comando - prosegue Morello - fu l’aspetto che più colpì lo scrittore di tecnica J.A. Lucas, inviato a Torino nel 1927 dall’autorevole rivista americana di tecnologia meccanica American Machinist per studiare e raccontare le procedure di progettazione e lavorazione delle automobili e degli utensili adottate dalla Lancia”. Il ritratto di Vincenzo Lancia che emerge dal reportage di Lucas, suddiviso in tredici articoli pubblicati tra il gennaio 1928 e il maggio 1929, è quello di un uomo che agiva sempre in prima linea, attentissimo nel tenere informati i propri dipendenti su tutto quello che accadeva in fabbrica, ma anche al loro benessere sul luogo di lavoro: “Aveva perfino fatto costruire un centro sportivo per far svagare i lavoratori, e poi sapeva valorizzare i suoi uomini migliori - racconta Morello -: chiunque portava una buona idea o suggeriva una miglioria, in caso di approvazione riceveva un premio in denaro”.
DNA SPORTIVO - A Torino, negli Anni 20 del Novecento, gli operai della Lancia utilizzavano macchinari all’avanguardia che erano completamente sconosciuti alle altre fabbriche. Come l’alesatrice a doppio mandrino, o un tornio appositamente modificato per realizzare le molle elicoidali delle sospensioni partendo da un filo metallico a sezione trapezoidale. I migliori materiali e i migliori metodi produttivi, uniti alla grande abilità di progettisti e operai, permisero la creazione di un’automobile incredibilmente robusta e leggera. Doti che, spiega l’ingegner Sergio Limone, grande protagonista della lunga stagione di successi sportivi ottenuti dalla Lancia a cavallo tra gli Anni 80 e 90, ne fecero un modello molto apprezzato dai clienti che correvano in automobile: “Non si può dire che la Lambda sia stata una macchina particolarmente vincente, ma con le sue innovazioni intelligenti ha originato il Dna da cui sono scaturite l’Aprilia, l’Aurelia, le sport prototipo, la D50 di Formula 1 e tutti i modelli, dalla Fulvia alla Delta, passando per la Stratos e la 037, che hanno fatto la storia dei rally”.
LEZIONI DI STILE - Ma la Lancia Lambda non è una macchina intelligente e performante solo da un punto di vista della tecnica pura. La sua grande capacità di precorrere i tempi e innovare si riflette anche nello stile, che secondo il designer Enrico Fumia, una lunga carriera spesa tra i tavoli da disegno della Pininfarina e del Centro Stile Lancia, contiene numerosi spunti di modernità. “Naturalmente il punto focale del design è la scocca portante, che insieme alla configurazione e al posizionamento del motore ha consentito la realizzazione di una carrozzeria più bassa, snella e filante rispetto alle vetture dell’epoca - spiega il “papà”, tra le altre, dell’Alfa Romeo 164 e della Lancia Y -. Dopo averla osservata attentamente, mi hanno molto colpito la forma semplice dei parafanghi e le portiere modulari, con le anteriori praticamente identiche alle posteriori, segno che la Lancia, già cent’anni fa, aveva ben chiaro il concetto di sinergia produttiva”. Un concetto che Fumia ha ribadito con la J, un’elegante berlina gravida di originali reinterpretazioni del passato e realizzata in scala 1:6 nel 2006, in occasione del centenario della casa torinese.
OLTRE L’AUTOMOBILE - Infine c’è chi, come l’architetto Marco Visconti, direttore dal 1987 al 2006 del gruppo architettura di Fiat Engineering, per deformazione professionale nella Lambda coglie aspetti che vanno al di là del progetto automobilistico tout court. “L’automobile è innanzitutto spazio e dinamismo, per questo ha ispirato e continua a ispirare molte costruzioni”, spiega il progettista di alcuni reparti e del ristorante della fabbrica Ferrari di Maranello, che a conclusione del suo intervento si lancia in un paragone apparentemente un po’ azzardato, accostando a quell’inimitabile prodigio di stile e tecnica che è la Lambda le popolarissime (e assai meno blasonate) Fiat Uno e Tipo. Ma in un mondo frenetico e ipertecnologico come il nostro, in cui la ricerca ossessiva del nuovo minaccia seriamente di inquinare gli esercizi della mente che conducono alla creatività pura, la più grande e preziosa eredità della centenaria creatura di Vincenzo Lancia, forse, è proprio questa: la rara capacità non solo di creare l’innovazione, ma di democratizzarla, rendendola fruibile dalla collettività.