POLEMICO E PUNGENTE - “Il problema è che stiamo cercando di portare avanti un progetto industriale italiano che non ha equivalenti nella storia d'Europa. Io non conosco nemmeno un'azienda che è stata disposta, ha avuto il coraggio ed è capace di spostare la produzione da un paese dell'Est di nuovo in Italia”. Così si è espresso polemicamente l'ad del gruppo Fiat, Sergio Marchionne (nella foto), in merito alla vicenda di Pomigliano d'Arco e del braccio di ferro tra la società torinese e i sindacati.
DISCORSI VECCHI - Marchionne, che ha parlato al termine della cerimonia di conferimento del master honoris causa del Centro Universitario di Organizzazione Aziendale al governatore di Bankitalia, Mario Draghi, appare piuttosto irritato. “Qui stiamo facendo discussioni sui giornali, in tv su principi di ideologia che ormai non hanno più corrispondenza con la realtà”, sottolinea l'ad. “Parliamo di storie vecchie di 30, 40, 50 anni fa, di padrone contro il lavoratore: cose che non esistono più. Il mondo è cambiato e allora o decidiamo di competere veramente a livello internazionale o altrimenti l'Italia non avrà un futuro manifatturiero. Se la vogliamo ammazzare me lo dite: lo facciamo. Io sono disposto a fare quello che vogliono gli altri” ha aggiunto sarcasticamente.
MONDI DIVERSI - I giornalisti presenti gli hanno chiesto dove la Fiom sbagliasse: “Io non voglio criticare assolutamente nessuno, di sicuro apprezzo l'atteggiamento, l'impegno che è stato preso dagli altri sindacati. Ma non mi risconosco come industriale nei discorsi che vengono fatti dalla Fiom: questa non è la Fiat che gestiamo noi, parliamo di mondi diversi. È proprio un discorso sballato”.
INATANTO I POLACCHI SPINGONO - In merito alla richiesta dei polacchi di assemblare la nuova Panda nell'impianto di Tichy Marchionne ha ricordato che esiste una nutrita lista di “paesi al di fuori dell'Europa che si sono messi in fila per la Panda. Inoltre“, continua, “la Panda è stata prodotta in Polonia con un livello di qualità altissimo mai raggiunto da uno stabilimento italiano”.
TROPPI SINDACATI - L'ad del gruppo torinese ha anche criticato le difficoltà legate ad avere numerosi interlocutori sul fronte sindacale. “Noi abbiamo bisogno di avere un solo interlocutore con cui parlare e non 12. Quindi, anche il fatto che i nostri operai si siano divisi in gruppetti ci costringe a parlare con ognuno di loro per raggiungere un accordo. Se per portare una macchina in Italia bisogna parlare con 10-12 soggetti diversi... non si può andare avanti così. È una cosa incredibile, mai vista altrove”.
E LA CASSA INTEGRAZIONE? - Non sono mancati accenni all'eventuale ricorso alla cassa integrazione a luglio: “Tutto dipende dalla domanda. Stiamo valutando. Il mercato è quello che è . Noi stiamo cercando di fare del nostro meglio”, ha concluso Marchionne.
LA RISPOSTA DELLA FIOM - Intanto il sindacato che più si trova in disaccordo con le proposte del Lingotto, la Fiom, risponde alle dure parole di Marchionne. "Non c'è nessuna trattativà", afferma il segretario Maurizio Landini, mentre invece è tanta l'attesa per il referendum del 22 giugno quando gli operai saranno chiamati a decidere in merito al contratto proposto dalla Fiat. Un referendum che il segretario Fiom considera "illegittimo perché mette in votazione una violazione della Costituzione e, in secondo luogo, non è libero perchè impedisce ai lavoratori di dire liberamente sì o no". Landini definice "grave" quanto sta accadendo a Pomigliano e sottolinea che se le proposte rimangono queste, la Fiom, non firmerà. Per il sindacato "la Fiat introduce un elemento che mette in discussione la nostra costituzione" e mette i lavoratori "sotto ricatto". Per Landini, quella della Fiom "non è una posizione estremista", ma lascia liberi i lavoratori. "Non abbiamo dato nessuna indicazione di voto", dice. "Non vogliamo che gli operai diventino degli eroi. Siamo disponibili a trattare, ma occorre che il contratto nazionale di lavoro e le leggi vadano tutelate".