FISSATI TETTI MASSIMI - C’è voluto un po’ di tempo ma alla fine ci si è arrivati: le auto blu devono essere ridotte per legge. Il decreto emesso il 25 settembre dal presidente del Consiglio dei Ministri e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 dicembre fissa i termini precisi in cui l’operazione deve essere attuata, sia per il numero delle auto che le amministrazioni pubbliche potranno avere sia per i tempi in cui la “sforbiciata” dovrà essere attuata. Le varie amministrazioni centrali dello stato potranno avere un numero di auto di servizio con autista (auto blu) secondo il numero di dipendenti. Le amministrazioni con non più di 50 dipendenti potranno avere una sola auto. Quelle che hanno tra 51 e 200 dipendenti potranno esserci 2 vetture. Se i dipendenti sono tra 201 e 400, le auto blu potranno essere 3. Per la fascia di amministrazioni con un numero di dipendenti tra 401 e 600 si potrà arrivare a 4 auto blu. Infine se il numero dei dipendenti in servizio presso l’amministrazione in questione è superiore a 600, ci potranno essere 5 auto blu. A queste auto può esserne aggiunta un’altra ciascuno al presidente del Consiglio e a ogni ministro, per il tempo in cui sono in carica.
GLI ESUBERI - Il decreto del Presidente del Consiglio prevede anche le tempistiche da rispettare da parte delle amministrazioni per liberarsi delle auto blu oggi eccedenti tali quantitativi. Le amministrazioni che hanno sino a 50 auto blu dovranno scendere entro i limiti citati entro l’11 febbraio 2015, cioè 60 giorni dopo la pubblicazione del decreto. Quelle che hanno tra 51 e 100 auto avranno tempo fino al 30 giugno 2015, mentre le amministrazioni che ne hanno oltre 100 dovranno provvedere entro la fine del 2015. Le auto in questione dovranno essere vendute, oppure cedute a titolo gratuito a organizzazioni non lucrative di utilità sociale (le Onlus regolarmente iscritte nel relativo registro). Quanto ricavato dalla vendita e da tutte le spese risparmiate con la soppressione dei costi necessari per l’uso delle auto può essere impiegato per l’acquisto di buoni-taxi ma soltanto per un importo non superiore al 50% del totale del risparmio conseguito.
L’UTILIZZO - Dunque un risultato che magari sul debito pubblico non inciderà molto, ma che vuole essere un segnale, un buon segnale. Assieme a quanto previsto dal decreto per il numero delle vetture, il decreto indica anche quali devono essere le modalità di utilizzazione delle (poche) auto superstiti. “L’utilizzo delle autovetture di servizio…” - recita l’articolo 3 del decreto - “è consentito solo per singoli spostamenti per ragioni di servizio, che non comprendono lo spostamento tra abitazione e luogo di lavoro in relazione al normale orario di ufficio”. E sull’argomento ci sono ulteriori precisazioni e puntualizzazioni miranti a escludere usi impropri e a indicare come si dovranno muovere i dipendenti delle amministrazioni.
MA CHE TEMPI… - Colto l’aspetto positivo della nuova regolamentazione non si può ignorare la lunghezza del percorso che stato necessario per arrivare a vararla dopo la prima enunciazione. Già potrebbe essere tanto quello trascorso dall’impegno preso dal presidente Matteo Renzi (dall’aprile scorso a settembre per varare un decreto di un paio di pagine, e poi due mesi e mezzo per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale), ma la lungaggine appare incredibile e insopportabile se si valuta tutta la vicenda.
C’ERA ANCORA BERLUSCONI - Era infatti il 6 luglio 2011 quando l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi varò il decreto-legge n. 98 che all’articolo 2 prevedeva appunto un apposito decreto del premier per disporre “modalità e limiti di utilizzo delle autovetture di servizio al fine di ridurne numero e costo”. Nei dodici mesi successivi non c’era poi stato l’intervento volto a portare ad attuazione la volontà espressa nel citato decreto. Solo un anno dopo, il 6 luglio 2012, era il presidente del Consiglio Mario Monti a intervenire in materia,ma per limitare le spese relative alle auto, non a ridurre il loro numero.
CON GLI 80 EURO - Il 31 agosto del 2013 era la volta del governo di Enrico Letta a mettere le mani nella materia stabilendo ulteriori modalità e limiti nelle spese per le auto blu ma anche lui senza parlare di riduzione. Infine nell’aprile del 2014 il governo Renzi inseriva l’argomento del taglio delle auto blu nello stesso provvedimento che istituiva il famoso bonus degli 80 euro. Il decreto-legge in questione oltre a ridurre ulteriormente i tetti di spesa (30% di quanto speso nel 2011) per l’utilizzo e la manutenzione dei parchi auto delle amministrazioni, aggiungeva l’indicazione del numero massimo di 5 auto blu per amministrazione. Obiettivo da attuare mediante un decreto del presidente del consiglio dei ministri, come peraltro era già stato scritto nel 2011. Comunque, è appunto questo il decreto emesso il 25 settembre e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 dicembre. A dir poco un percorso sfibrante.
FORSE UN REFUSO - In conclusione, alla nota positiva per l’esito della vicenda (sperando che non ci siano inghippi e scappatoie per eludere la chiara volontà del governo) e alla costernazione per i tempi lunghi che sono stati necessari per arrivare al risultato voluto, si deve anche aggiungere una notazione piccola e ininfluente, ma che solleva dubbi non piccoli sul come vengono scritte le leggi e i decreti. All’articolo 3, il decreto indica quali devono essere le modalità da seguire nel caso che si debba rinnovare il parco auto. Ebbene tra le caratteristiche da considerare, assieme alle basse emissioni inquinanti, ai premi assicurativi e alla riduzione dei consumi c’è anche “la ridotta potenza di cilindrata”.