IL RICORDO DI ELKANN - Era il mattino del 25 luglio 2018, quando a Zurigo si spegneva Sergio Marchionne, amministratore delegato di FCA e Ferrari nato a Chieti sessantasei anni prima. La scomparsa di Marchionne non è stata e non sarà facile da colmare per le aziende che dirigeva, perché il manager italo canadese aveva una personalità forte ed era molto esigente con i suoi collaboratori, ma le sue strategie raramente non hanno dato i frutti voluti. Il “vuoto” lasciato da Marchionne si percepisce nella lettera aperta firmata da John Elkann, presidente della Exor (la società principale azionista della FCA) e della FCA, che ha voluto ricordare il manager per i suoi “valori di umanità, responsabilità e apertura mentale, di cui è sempre stato il più convinto promotore, che continuano a guidare le nostre aziende”.
NOME NUOVO - Nel 2004, quando Marchionne assume la guida del Gruppo Fiat (prima della fusione con la Chrysler), il suo nome era poco conosciuto nel mondo delle automobili: il manager aveva già fatto parte del consiglio di amministrazione della casa torinese, ma prima di allora aveva lavorato in Svizzera per la società di analisi SGS e per la banca UBS. Marchionne diventa numero uno del Gruppo Fiat in un momento di crisi per l’azienda, alle prese con la scomparsa di Gianni e Umberto Agnelli (morti rispettivamente nel 2003 e 2004) e lo scioglimento dell’accordo con la General Motors, che sancisce la prima vittoria del manager alla guida del gruppo: la GM, pur detenendo il 20% delle quote del Gruppo Fiat, accetta di pagare 2 miliardi di dollari e firmare un accordo estremamente sfavorevole pur di “liberarsi” del partner con il quale aveva formato accordi nel 2000. Nel 2005 l’azienda torna a registrare un utile di bilancio. In questo periodo il Gruppo Fiat lancia auto di successo come le Fiat Panda e 500, che nel 2004 e 2008 ottengono il prestigioso riconoscimento europeo di Auto dell’Anno.
IL RITORNO IN NORD AMERICA - Il secondo colpo da “maestro” di Marchionne è nel 2008, quando inizia a trattare con il Governo statunitense per assumere il controllo del Gruppo Chrysler, uno fra i primi tre costruttori americani (il più piccolo dei cosiddetti Big Three) entrato però in amministrazione controllata a seguito di una gravissima crisi. L’intesa viene raggiunta a gennaio 2009: il Gruppo Fiat ottiene subito il 20% della casa di Detroit, ma al raggiungimento di determinate condizioni può assorbire la maggioranza delle quote. Il Gruppo Fiat, a fronte di una spesa relativamente contenuta, ottiene così l’accesso al ricco mercato statunitense e la gestione di marchi dall’alto potenziale come la Jeep, oggi trasformata in una realtà assai redditizia. A Marchionne spettano anche decisioni di grande impatto sull’opinione pubblica nazionale, come la chiusura nel 2011 della fabbrica siciliana di Termini Imerese e le durissime trattative con i sindacati per il rinnovo dei contratti di lavoro nelle fabbriche.
NASCE LA FCA - Nel 2011 il Gruppo Fiat si divide: da una parte resta la divisione per le automobili, chiamata Fiat S.p.A., mentre la neonata Fiat Industrial accoglie le attività per i veicoli ad uso agricolo (dal 2013 la Fiat Industrial diventa CNH Industrial, dopo la fusione con la CNH). Questa “mossa” è funzionale alla nascita della FCA, che avviene il 1 gennaio 2014. Nel 2016, inoltre, la Ferrari esce dalla FCA e diventa indipendente, ma resta sempre sotto il controllo della Exor. Marchionne gestisce l’integrazione fra tutti i marchi del gruppo e lo trasforma nell’ottavo al mondo per vendite di automobili, anche se lo sviluppo dei nuovi modelli viene messo in secondo piano per raggiungere l’obiettivo primario indicato dagli azionisti: l’azzeramento del debito, che Marchionne raggiunge a giugno 2018, poche settimane prima della sua scomparsa. Il timone della FCA passa a Mike Manley, che lascia la guida della Jeep per assumere quella del gruppo, mentre Louis Camilleri e John Elkann vengono nominati ad e presidente della Ferrari.