LANCIO IN GRANDE STILE - È stata una presentazione davvero mondiale, quella della nuova Volkswagen Beetle, ultima erede del mitico “Maggiolino” nato in Germania nel 1939. Rivelata quasi simultaneamente a Shanghai, dove da domani sarà mostrata al Salone cinese dell’auto (19-28 aprile), a New York e a Berlino con due show musicali, trasmessi in diretta su internet dal canale televisivo MTV.
PIÙ BELLA DA GUIDARE, MENO RÉTRO - La Beetle (la nuova generazione si chiama così, non più New Beetle) conserva le tipiche linee tondeggianti che hanno contraddistinto il maggiolino fin dalla primissima edizione. Ora, però, ha perso le forme un po’ tozze e spiritose del vecchio modello (che lo facevano assomigliare a un giocattolo), per mostrare una carrozzeria più slanciata. In particolare, il frontale allungato, con la larga presa d’aria nel paraurti, e il tetto meno bombato danno alla Beetle un pizzico di sportività, assolutamente sconosciuta prima. L’auto sembra quasi voler mostrare la sua lontana parentela con la Porsche 911 (il maggiolino nacque, infatti, nel 36 dalla matita di Ferdinand Porsche). Le dimensioni sono leggermente cresciute (misura 423 cm di lunghezza, 181 di larghezza e 149 di altezza), per migliorare l’abitabilità e la capacità del baule che passa da 209 a 310 litri. La gamma comprende versioni a benzina 1.2 TSI da 105 CV, 1.4 TSI da 160 CV e 2.0 TSI da 211 CV, affiancate dalle turbodiesel 1.6 TDI da 105 CV e 2.0 TDI da 140 CV. Più avanti dovrebbe arrivare una cabriolet.
VISTOSA FUORI, PICCOLA DENTRO - Costruita a Puebla, in Messico (nella stessa fabbrica dove fino al 30 luglio 2003 è stato prodotto il Maggiolino), la New Beetle (nella foto sotto) è arrivata in Italia nel 1999 (il lancio era avvenuto nel ‘98 negli Stati Uniti). Realizzata sulla base della Golf IV, è un’auto che si guida bene (l’assetto è un po’ più rigido rispetto a quello della Golf, ma le caratteristiche dinamiche di base della fortunata berlina tedesca restano tutte) e che si fa notare, per la sua forma inconsueta e molto originale. Per poter sfoggiare un’auto tanto personale, però, bisogna essere disposti a rinunciare a qualcosa in termini di capacità di carico (il baule è piccolo), e di abitabilità, soprattutto dietro (i due posti sono stretti, scomodi e con lo schienale rigido e verticale). Anche la visibilità non è un granché, soprattutto quella posteriore. L’ultima versione a listino, sia chiusa sia cabrio, è spinta da un 1.6 a benzina da 102 CV e da un 1.9 TDI a gasolio da 105, non molto brillanti. Ma negli anni scorsi è stata venduta anche con il 2.0 da 116 cavalli e con il 1.8 turbo a benzina da 150; anche con il cambio automatico.
UN BEST SELLER DA 21 MILIONI DI COPIE - La storia del mitico Maggiolino (Käfer, in Germania), venduto in tutto il mondo in oltre 21 milioni di esemplari, inizia nel 1934, dall’esigenza della Germania di creare una vettura per il popolo, affidabile e poco costosa. Il progetto fu affidato a Ferdinand Porsche, che nel 1936 preparò tre prototipi. Il debutto fu al Salone di Berlino del 1939. La sua linea arrotondata rappresentò una novità per la produzione automobilistica di quei tempi; ma anche la meccanica era innovativa. Il telaio era dotato di sospensioni a ruote indipendenti con barre di torsione. I supporti del motore in gomma morbida rappresentavano un passo in avanti nella tecnologia automobilistica. Infine, il motore: un boxer a quattro cilindri da 985 centimetri cubi e 22,5 cavalli di potenza, con un albero a camme, valvole in testa e distribuzione ad aste e bilancieri.
In primo piano la Beetle del 1939.
ARRUOLATO NELL’ESERCITO - La sua storia, prosegue attraverso la seconda guerra mondiale (alla quale partecipò come veicolo militare); dopo la distruzione della fabbrica di Wolfsburg a opera degli Alleati, nel 46 riprende la produzione; e negli anni 50 inizia la sua esportazione fuori dalla Germania, fino al 1974, anno in cui cessa la produzione a Wolfsburg (dopo quasi 30 anni dal primo modello), che riprende in Messico fino al 2003.
In tutti questi anni il Maggiolino è sempre rimasto uguale a se stesso: carrozzeria bombata, inconfondibile; abitacolo ampio e luminoso, con due sedili davanti e il divano dietro; sospensioni a ruote indipendenti; motore posteriore a sbalzo, raffreddato ad aria e con l’architettura boxer (con i cilindri contrapposti; la cilindrata negli anni è passata da 985 centimetri cubi, a 1.100, 1.200 e 1.300). Il lunotto, che in origine era diviso in due parti, nel 1953 venne sostituito da quello singolo ovale.
Nel 1957, per aggiornare la linea, i tecnici della Volkswagen chiesero aiuto a Pininfarina, che, dopo aver studiato l’auto, li consigliò di ingrandire il lunotto. Così nacquero le versioni con vetro quadrato, più ampio e luminoso, seppur considerato meno bello del lunotto ovale o di quello a due vetri. Nell’agosto del 1967 saranno modificati i paraurti, i parafanghi, i fanali anteriori e posteriori ed il cofano anteriore che rimarranno piuttosto simili, tranne qualche lieve modifica ai fari posteriori ed anteriori e cofano anteriore, fino ai giorni nostri.