UNA SFIDA CONTRO TUTTO - Quando si pensa alle corse di durata vengono in mente competizioni leggendarie come la 24 Ore di Le Mans, quella di Spa oppure del Nürburgring. Gare che sono una sfida contro se stessi, prima ancora che contro gli altri piloti. E che soprattutto mettono a dura prova l’affidabilità delle auto, oltre che la resistenza di piloti e meccanici. A tutti questi ingredienti, si aggiungono gli imprevisti che obbligano a rielaborare di continuo la strategia di gara. Basta tutto questo a spiegare l’adrenalina che si vive in questo tipo di competizioni. Dove spesso non manca un finale a sorpresa… È quanto accaduto anche durante la 24 Ore di Adria, giunta ormai alla dodicesima edizione. Quest’anno a darsi battaglia c’erano le Seat Ibiza Cup che hanno appena concluso l’omonimo campionato italiano. Tra le diciotto vetture (tutte hanno terminato la massacrante gara), c’era anche la nostra…
CHE SQUADRA! - Seat Italia era presente alla 24 Ore di Adria con ben due equipaggi. Quello della vettura numero uno era composto dai vertici della filiale italiana di Seat, capitanato dal suo direttore Gianpiero “Peter” Wyhinny, appassionato di corse, oltre che pilota di esperienza: ha appena concluso il campionato italiano con le Seat Ibiza Cup. La seconda auto, iscritta come Seat Press, è quella che ci ha fatto divertire ed emozionare in compagnia di altri tre giornalisti e di tre driver d’eccezione: Valentina Albanese (con la Seat Leon TCR ha vinto la classifica assoluta del Campionato Italiano Turismo Endurance), Alberto Bassi (vincitore del titolo italiano nel monomarca della Seat Ibiza Cup) e Carlotta Fedeli, rivale di Alberto e prima nella classifica femminile e juniores. Proprio la vettura con cui ha corso le sei tappe del campionato, la numero 92, ci ha accompagnato in questa affascinante esperienza lunga 24 ore.
OTTIME PREMESSE - Sabato mattina, dopo le procedure di rito (verifica della licenza sportiva e del certificato medico), entriamo nel clima della gara con le prove libere: pochi giri, giusto per prendere un minimo di confidenza con la Seat Ibiza Cup e con la pista, che vedevamo (entrambe) per la prima volta. L’auto mostra da subito le sue potenzialità: il 1.4 turbo da 200 cavalli spinge forte anche a basso numero di giri e sale con progressione, il differenziale autobloccante permette di accelerare a fondo in uscita di curve, la frenata è potente e ben modulabile (con la vettura che resta ben controllabile anche nelle inchiodate al limite), e le gomme Yokohama Advan Neova AD08R (stradali, ma molto sportive) hanno un’aderenza notevole, una volta scaldate. Viene l’ora del briefing dei piloti con l’estrazione della posizione in griglia di partenza: niente qualifiche, visto che in una gara di 24 ore non sono certo i primi giri a fare la differenza. Bisogna sì andare più forte possibile, ma cercando di risparmiare carburante, gomme e freni. Un’impresa non da poco… E infatti, la strategia che mettiamo a punto con Valentina Albanese (oltre alla tuta di pilota veste i panni di team manager) è quella di limitare il numero di soste, considerato che ogni due ore è obbligatorio cambiare il driver, con una pausa minima per la vettura di dieci minuti di cui approfittare per fare rifornimento.
SCATTA L’ORA “X” - Alle 12.45 di sabato la griglia di partenza è pronta, e la nostra Seat Ibiza Cup numero 92 è in sesta fila, quindi quasi a metà schieramento. Al volante c’è Alberto Bassi, in grado di gestire le fasi caotiche della partenza lanciata e dei primi giri. Alberto guadagna posizioni e ci informa di continuo via radio sull’autonomia di carburante indicata dal computer di bordo. Ci rendiamo conto, con un po’ di apprensione, che procedendo con quel passo difficilmente arriverà alle due ore di guida. Perciò dai box gli chiediamo di rallentare un po’, per non dover fare una sosta in più. Nel frattempo teniamo d’occhio le altre scuderie: dobbiamo assolutamente evitare di trovarci tutti insieme a fare rifornimento: le pompe di benzina sono due e le auto da rifornire venti (oltre alle Seat Ibiza Cup corrono due Mitjet in una gara ridotta a “sole” 12 ore). Anticipiamo di un paio di giri il rientro ai box: scelta azzeccata, perché le vetture dopo di noi devono aspettare in coda. Dopo un cambio pilota leggermente prolungato, siamo pronti a ripartire.
COINVOLTI NELLA MISCHIA - Nella seconda frazione di gara, grazie a un’andatura leggermente più tranquilla, la nostra Seat Ibiza Cup corre senza problemi per due ore, giusto in tempo per arrivare alla sosta obbligatoria di 30 minuti in cui gli efficientissimi meccanici controllano gomme e freni. Delle prime ne abbiamo a disposizione solo due come ricambio, mentre è possibile sostituire due volte le pastiglie dei freni anteriori, senza incorrere in penalità. L’auto è a posto. Quindi, trascorsa la mezz’ora possiamo riprendere il volante. Sono le 17.30, quando comincia a fare buio e viene il nostro turno. In pista c’è bagarre: sembra più una gara sprint che una 24 ore. Nei primi giri ci tocca subire qualche sorpasso, ma lo avevamo messo in preventivo. Tra i piloti ci sono nomi come Thomas Biaggi, due volte campione del mondo FIA GT, e Raffaele Giammaria, il vincitore del titolo italiano Gran Turismo, mentre manca Giancarlo Fisichella, annunciato alla vigilia (era invece ad Abu Dhabi per seguire la Formula 1). Tra i tanti piloti di rango ce n’è anche qualcuno rubato al mondo delle moto: si tratta di Michel Fabrizio, da dieci stagioni in Superbike.
PRENDIAMO CONFIDENZA - A mano a mano che i giri passano, guidare la Seat Ibiza Cup diventa sempre più divertente e i nostri tempi sul giro lo confermano. Le due ore di guida trascorrono in un baleno, e sul finale riusciamo a fare un paio di sorpassi. Non cambieranno il risultato della gara, visto che stiamo per rientrare ai box, ma ci aiutano a maturare esperienza nella gestione di queste delicate fasi di gara. Lasciamo il volante (a malincuore) agli altri piloti/giornalisti e seguiamo dai box l’avvincente corsa. Siamo ormai in piena notte, quando una piccola distrazione di chi era alla guida in quel momento costa alla “nostra” Ibiza Cup un’uscita di strada con notevoli danni al frontale e servirà un mezzo di soccorso per portare l’auto fuori dalla ghiaia. Al rientro ai box i meccanici ripristinano l’auto in circa mezz’ora, e sembra che la corsa possa ripartire.
IL PEGGIO NON SI VEDEVA - Tocca a un altro pilota riprendere la pista, e la nostra Seat Ibiza Cup sembra proprio in gran forma. Ma dopo meno di un’ora accade l’imprevedibile: cede il differenziale autobloccante, probabilmente danneggiatosi nell’urto precedente. Impossibile pensare di proseguire la gara in queste condizioni. Siamo ancora costretti a tornare ai box e questa volta ai meccanici toccherà lavorare per tre ore, per smontare motore, cambio e differenziale e sostituire quest’ultimo. Sono distrutti, anche perché sono quasi le quattro di notte, e non hanno ancora potuto chiudere occhio; inoltre qualcuno di loro era già stato impegnato nella riparazione di altre vetture. Ma le nostre speranze di riprendere la gare sono affidate solo a questi ragazzi, che non ci deludono. Le ore passano lente, e noi le trascorriamo a confrontarci con gli altri piloti, cercando di “rubare” un po’ della loro esperienza. Qualche “trucco” ce lo ci insegna pure il direttore di Seat Italia, Gianpiero “Peter” Wyhinny, anche lui nel pieno di una notte insonne per seguire la gara del suo team. Alle quattro del mattino, finalmente riguadagniamo la pista con Carlotta Fedeli certi che, vista la sua esperienza nel campionato, potrà recuperare minuti preziosi.
LA SFORTUNA CI PERSEGUITA - Carlotta però riesce a completare solo un giro perché dobbiamo richiamarla dai box per un ulteriore controllo. A questo punto è costretta a scendere dall’auto (lo impone il regolamento) e a cederci il volante, anche se il nostro turno era programmato per più tardi. Riprendiamo con entusiasmo la guida della nostra Seat Ibiza Cup, nonostante la stanchezza. Quest’ultima si fa sentire soprattutto quando, prima delle cinque del mattino, una fitta nebbia impone l’ingresso della Safety Car: con l’andatura a 50-70 km/h è ancora più difficile non sentire il sonno. Per fortuna, dopo venti minuti si riesce di nuovo a vedere tutte le curve, e possiamo riprendere la gara. Ci è andata tutto sommato bene, visto che durante la sosta per riparazione della nostra vettura, la corsa delle altre Seat Ibiza Cup dietro la Safety Car era andata avanti per un’ora e mezza (in quella occasione era il rischio di ghiaccio a preoccupare i commissari di gara). La nostra Seat Ibiza Cup va benissimo: i meccanici hanno fatto davvero un gran lavoro. I tempi sul giro riprendono a scendere e proviamo a imparare dai piloti più veloci qualche trucchetto come "staccare" ancora più tardi o sfruttare meglio i cordoli: la macchina lo consente, basta solo crederci. E stare concentrati.
RECUPERO DISPERATO - Alle sei, rientrati ai box dopo due ore di guida, possiamo definitivamente togliere la tuta da pilota per provare a dare una mano nella strategia di gara. È chiaro che la corsa è ormai compromessa, ma bisogna portare la nostra Seat Ibiza Cup al traguardo con onore. Decidiamo di lasciare le ultime tre ore di guida a Carlotta Fedeli e Alberto Bassi, mentre Valentina Albanese (che aveva disputato giusto un giro per verificare le condizioni del differenziale prima del fermo macchina) si fa da parte per non perdere ulteriore tempo nei cambi pilota. Carlotta e, nella fase finale, Alberto puntano soprattutto a far segnare dei buoni tempi. Quello della Fedeli, in particolare, è a meno di un secondo dal giro veloce della gara, ottenuto da Alessandro Giammaria con la vettura del team Kaspersky gestito alla AF Corse, scuderia pluricampione nei mondiali GT e WEC, oltre che vincitore nella 24 Ore di Le Mans.
IL FINALE - Gli ultimi giri sono da togliere il fiato. La lotta per le prime tre posizioni della classifica è serrata: se le giocano i team Raton 2, Adriaraceway e Kaspersky. Addirittura le vetture dei primi due equipaggi si trovano fianco a fianco a poche tornate dall’arrivo e si giocano ogni staccata senza esclusione di colpi: incredibile per una gara che dura ormai da 725 giri… Cinque giri dopo, Adriaraceway deve scontare uno Stop&Go di 10 minuti, proprio per una manovra oltre il limite della correttezza: gli costerà la gara. Ma anche Kaspersky aveva dovuto subire lo stesso tipo di penalizzazione, in quel caso per aver sostituito uno dei dischi dei freni anteriori: il regolamento non lo consentiva, ma il team ha obiettato che si trattava di una rottura (anche noi ai box abbiamo visto la crepa), non di un cambio per usura. Tuttavia, i commissari, inflessibili, hanno confermato la penalità, relegando al terzo posto (a sei giri dal primo) il team numero 74. Colpo di scena anche per l’equipaggio vincitore, Raton 2: ha dovuto percorrere gli ultimi giri a velocità bassissima (addirittura, ha percorso in tre minuti e otto secondi la penultima tornata, la 738esima,) per aver ormai poche gocce di carburante nel serbatoio. Dal canto nostro, erano troppi i 21 giri da recuperare alla vettura davanti a noi, e alla fine dopo 1664 km, ci toccherà arrivare ultimi, ma con la soddisfazione di aver vinto contro l’avversario più grande: la sfortuna. Senza quelle tre ore e mezza di fermo macchina saremmo giunti almeno a ridosso del podio. Ma le gare sono un po’ come la vita: si costruiscono attimo dopo attimo, e a certi errori è difficile rimediare. Ma è bello provarci per vivere fino in fondo una grande avventura!