IL NODO DEI COMPONENTI - Fino a poche settimane fa, l’avremmo considerata una fake news, una delle tante notizie strampalate che si leggono quotidianamente sui social. Eppure è la verità: le grandi case automobilistiche tedesche chiedono aiuto alla Merkel perché senza il supporto dell’industria italiana non sono più in grado di produrre con regolarità. La grande industria germanica capace di sfornare 5,5 milioni di auto all’anno con un fatturato di 400 miliardi di euro e quasi 850 mila lavoratori (che raddoppiano se si calcola l’indotto), con le chiusure forzate di queste settimane di Italia e Spagna impedisce alle alle fabbriche tedesche - comunque chiuse fino alle fine delle festività pasquali - teme di non poter riprendere le normali attività. Questo perché buona parte della componentistica delle auto made in Germany viene prodotta in Italia e Spagna.
PRODUZIONE SNELLA - Un problema molto serio che passa anche attraverso il principio della produzione just in time, attuata ormai da tutti i costruttori, vale a dire costruire in concomitanza con l’arrivo della componentistica. Una strategia che evita in tal modo costosissimi stoccaggi di materiale e di altrettanto costose gestioni di depositi. Insomma il problema è reale anche perché in diversi modelli tedeschi di successo quasi il 20% della componentistica arriva dall’Italia. Componentistica, tra l’altro, di grande spessore tecnologico, che conta su circa 2.000 imprese, oltre che su alcune indiscutibili eccellenze mondiali, come Brembo (impianti frenanti) e Adler (plastiche anche per interni). Il tutto frutta alla nostra bilancia commerciale un attivo superiore a 5 miliardi di euro.
GLI EUROBOND - Perciò case come Volkswagen, BMW e Daimler hanno chiesto al governo tedesco di elaborare una serie di interventi per contrastare la crisi, ribadendo che la loro sopravvivenza è legata anche alla situazione industriale dei fornitori italiani e spagnoli. E chissà mai che questo “problema” non possa aiutare a trovare una soluzione sulle ormai famose emissioni di Eurobond (titoli di debito europei emessi per fronteggiare la crisi) volute da Italia, Francia, Spagna e fino ad ora negati da Olanda e Germania che non vorrebbero legarsi a Paesi considerati poco affidabili, come appunto l’Italia.
FONDAMENTALE PER IL PIL - Anche perché per la Germania l’industria delle quattro ruote rappresenta il 16% dell’export, il 20% del fatturato industriale e il 12% del Pil. Che sia questo il tasto giusto per far cambiare idea alla cancelliera Merkel sulla necessità di aprire agli Eurobond? Nell’incontro di Berlino tra costruttori e governo è stata anche segnalata l’importanza di aiutare finanziariamente i fornitori, specie quelli più piccoli, con iniezioni di liquidità immediata per evitare fallimenti e possibili blocchi all’attività produttiva.