10 ANNI DI RITARDO - Ci vorranno almeno dieci anni affinché l’industria cinese possa produrre auto all’altezza di quelle occidentali e quindi “sfondare” anche sui mercati più maturi. È la sintesi di una monumentale ricerca sulle auto e sul settore automobilistico cinese condotta da Max Warburton, importante analista specializzato nel settore auto che lavora per l’altrettanto importante agenzia inglese di consulenza Bernstein Research. Nei mesi scorsi Warburton ha portato avanti l’indagine redigendo un rapporto di oltre 200 pagine da cui la Cina automobilistica esce con le ossa rotte. Soprattutto per ciò che riguarda il comportamento stradale delle vetture.
Nelle foto alcune delle auto cinesi presentate lo scorso anno. Più sopra la JAC Heyue SC, qui sopra una concept di suv della Beijing Auto.
IN CINA E IN INGHILTERRA - Il lavoro è stato compiuto con metodo scientifico. Warburton e i suoi collaboratori hanno lavorato molto in Cina ma anche in Inghilterra. Nel Paese asiatico hanno sentito una quarantina di manager del settore, tutti cinesi o di origine cinese; poi hanno acquistato due vetture (una Geely e una Great Wall) e le hanno portate in Inghilterra per sottoporle a intensi test in pista, svolti da numerosi esperti (ingegneri, collaudatori e giornalisti), prima di smontarle minuziosamente per esaminarne i contenuti e le qualità costruttive. Nell’esame non sono mancati giudizi positivi su alcune parti della lavorazione, ma al tempo stesso sono risultati fortemente deficitari i risultati nell’uso delle vetture, specialmente in tema di tenuta di strada.
La Great Wall Hoover H8.
MANCANZA DI MEZZI - Due sono i motivi che vengono messi in evidenza per spiegare la qualità scarsa delle auto “made in China”: il lavoro non buono svolto dall’industria della componentistica, accusata di prendere sotto gamba il mercato cinese, e la forte carenza nella fase di ricerca e sviluppo. In sostanza, i componentisi non fornirebbero i materiali adeguati come invece fanno negli altri continenti. A proposito della ricerca e sviluppo, lo studio fa risalire la forte inadeguatezza alla mancanza degli investimenti necessari, che però non sono la vera causa: all’origine di tutto c’è la sottovalutazione dell’importanza di questa attività, come che gli occidentali fossero arrivati alle soluzioni attuali per caso .
La berlina HongQi Red Flag H7.
FORSE PRESUNTUOSI - Altro aspetto interessante e significativo è quello dell’aspirazione dell’industria cinese di imitare i costruttori occidentali (in modo particolare l’esempio preso a riferimento è il gruppo Volkswagen) con la conseguenza di ritrovarsi a confrontarsi con realizzazioni tecniche avanzate, non facili da gestire senza una opportuna esperienza, come hanno i costruttori più navigati. Così - viene esemplificato - invece di cercare di realizzare una efficiente sospensione semplice si imbarcano nel voler fare architetture multilink che finiscono inesorabilmente col creare molti problemi.
La Geely Emgrand EX6.
A CONOSCENDO I DIFETTI… - Con gli esiti a cui approda la ricerca appare effettivamente difficile immaginare un’industria automobilistica cinese competitiva a breve termine. Ma se si considera che lo stesso studio fornisce ai problemi spiegazioni individuate e argomentate con chiarezza e convinzione, è lecito pensare che i problemi possano trovare una
soluzione in tempi non lunghissimi. Senza contare che tra le strategie messe in pratica dalle case cinesi c’è anche quella di acquisire interi costruttori europei per utilizzarle anche come “antenne” tecnologiche di progettazione (vedi l’esempio della
Volvo e degli ultimi programmi varati per i suoi centri di progettazione svedesi).
La JAC Rein II.
UN SASSO IN PICCIONAIA - En passant, va detto che lo studio di Warburton deve avere avuto un cammino travagliato, tanto che dopo la pubblicazione nel sito The truth about cars, l’agenzia Berstein ha chiesto che fosse rimosso. Truth about cars ha commentato che non aveva inteso che il lavoro gli era stato fornito in visione e non per la pubblicazione e si è scusato, lasciando comunque in lettura un articolo che riassume i contenuti della ricerca.