Dodici auto che ti lasceranno a bocca aperta

L’americana Stout fu forse la prima, nel 1932, a introdurre il concetto di monovolume con la Scarab. Non ebbe il successo che ebbero qualche anno dopo in Europa le monovolume della Fiat, tanto che le unità si contano sulle dita di un paio di mani, ma la sua carrozzeria aerodinamica che nascondeva un telaio unibody in alluminio e un motore posteriore V8 Flathead della Ford la rende molto interessante.

Se, come diceva la pubblicità, “two is megl che one”, allora otto è meglio di quattro! Nei primi anni del ‘900, Milton Reeves si ispirò alle sospensioni utilizzate dai vagoni ferroviari per provare a rendere meno movimentata la marcia sulle sconnesse strade dell’epoca. Modificò quindi una Overland aggiungendo quattro ruote in più, realizzando un’auto lunga 6 metri capace di trasportare solo 4 persone. Il prezzo esorbitante non aiutò il suo successo. Reeves ci riprovò in seguito eliminando una coppia di ruote sulla Sextauto, ma i risultati furono simili.

L’inventore della Dymaxion, l’americano Buckminster Fuller, progettò questa strana tre ruote nel 1933 come base per un veicolo terrestre-marittimo-aereo. Il V8 Flathead della Ford faceva muovere le due ruote anteriori, mentre lo sterzo era affidato alla ruota singola posteriore. Ciò le permetteva di ruotare di 90° in spazi ridotti ma, di contro, rendeva difficile controllare la Dymaxion alle alte velocità.

Qualcuno probabilmente la ricorda ancora, in fondo non sono passati molti anni da quando, nel 2009, la Nissan lanciò la Cube, che fu in vendita anche in Italia. Era un’auto perfetta se quel che si cercava era un salotto su ruote: era pratica (nonostante il portellone posteriore ad apertura laterale), spaziosa e con ingombri esterni molto ridotti. Ma quel design, che tanto aveva avuto successo in Giappone, in Europa non è proprio piaciuto.

Fornire la manovrabilità di una moto, con la protezione e il comfort di un’auto: questo era l’obiettivo del designer Chris van den Brink quando ha progettato la Carver, che fu presentata nel 1999 ed è tuttora in produzione sebbene con diverse modifiche rispetto all'originale. Per ottenere ciò, la parte posteriore rimaneva ferma, mentre quella anteriore con l’abitacolo a due posti potevano ruotare, assecondando le curve con un’inclinazione che poteva raggiungere i 45°. A spingerla c’era un 4 cilindri da 660 cc in grado di erogare 65 CV, per una velocità massima superiore ai 190 km/h.

Un’altra Nissan che sta bene in questa lista è la Land Glider del 2009, vettura elettrica che sfruttava la stessa base della più nota Renault Twizy. Però, diversamente dalla cugina francese, la Land Glider poteva inclinarsi imitando i movimenti di una motocicletta. Per quanto l’idea potesse funzionare per gli spostamenti urbani, la Nissan non la portò mai in produzione. 

Perché utilizzare un pullman quando si può convertire coupé per farle trasportare fino a 15 persone?  La Jetway 707 del 1968 nasce infatti da una Oldsmobile Toronado, che aveva il vantaggio di avere la trazione anteriore e quindi non c’era bisogno di alberi di trasmissione che arrivassero alle ruote posteriori. Il risultato è una sorta di limousine/station wagon lunga più di 8,5 metri, costruita in 52 esemplari.

Direste mai che questa Facet nasconda in realtà una Range Rover degli anni ‘80? La Facet del 1987 è opera di un’azienda di personalizzazione britannica, la Glenfrome, che aveva pensato a questo modello per il mercato medio orientale. Combinava un tetto targa e pannelli di carrozzeria in fibra di vetro. Venne realizzata in 50 esemplari e costava quanto una casa a Londra.

Le vetture elettriche non sono certo un’invenzione degli ultimi anni. In una Francia in piena seconda guerra mondiale, in cui la benzina scarseggiava, il designer Paul Arzens realizzò un’auto minimalista a forma di uovo in alluminio e plexiglass ad alimentazione elettrica. Il suo peso di soli 350 kg permetteva di dare un’autonomia di un centinaio di km e una velocità massima di 69 km/h. Non venne mai prodotta in serie, ma Arzens la utilizzò fino al 1990, anno della sua morte.

I fan di Top Gear ricorderanno il servizio di Jeremy Clarkson sulla Peel P50 del 1963, probabilmente l’unica auto in grado di entrare in un ascensore. In effetti le dimensioni ultra ridotte erano il punto forte di questa piccola vettura, che nel 2011 è rinata con il motore di un ciclomotore Honda da 49 cc. C’è anche una versione elettrica con un’autonomia di poco superiore ai 30 km.