DA TORINO A PARMA, UN NUOVO INIZIO - Da quarant’anni Automotoretrò è un appuntamento fisso per gli amanti dei motori di una volta. La fiera, per la quale ogni anno staccano un biglietto decine di migliaia di appassionati in cerca dell’auto d'epoca dei sogni, nel 2023 ha traslocato da Torino, dov’è nata nel 1983, a Parma. Il giorno dopo la chiusura della prima edizione parmense, abbiamo chiesto ad Alberto Gianoglio (nella foto qui sotto), che organizza l’evento insieme al padre Beppe, di raccontarci le prime sensazioni a caldo sull’inizio di un nuovo capitolo nella storia di una kermesse tra le più apprezzate del settore.
Alberto, dopo 40 anni, avete lasciato Torino, la città in cui Automotoretrò è nata, per Parma. Qual è stato il problema con il Lingotto e come vi hanno accolto il quartiere fieristico parmense e le istituzioni locali?
“Prima di tutto, tengo a dire che la decisione di lasciare Torino è stata molto sofferta. Automotoretrò è la fiera di auto e moto d’epoca più antica d’Italia, ma con il Lingotto ormai le cose non andavano bene da vent’anni. Per tutto questo tempo abbiamo affrontato spese d’affitto molto alte, direi anche ingiustificate. Nel 2023, però, abbiamo toccato davvero il fondo: un milione di euro ci è parsa una richiesta semplicemente folle. A Parma l’accoglienza è stata molto buona, anche perché ci corteggiavano da qualche anno. Il nostro augurio è che le cose continuino ad andare bene anche in futuro”.
Da tantissimi appassionati, torinesi e non solo, l’addio di Automotoretrò a Torino è considerato una sconfitta per una città in cui l’automobile è nata ed è diventata grande. A conti fatti, siete voi ad aver perso Torino, o è Torino ad aver perso voi?
“Alla luce del trattamento che abbiamo ricevuto dalla GL Events (la società che gestisce gli spazi espositivi del Lingotto Fiere, ndr) e dal comune, che non ha mosso un dito sebbene una fiera come la nostra generi una ricaduta positiva di 13 euro per visitatore, sarei tentato di dire che è Torino ad aver perso Automotoretrò, e non il viceversa. Anche perché nei giorni del salone, in città dormivano e mangiavano decine di migliaia di persone”.
Com’è maturata la scelta di Parma? Sul tavolo c’erano altre opzioni?
“Sì, avevamo delle alternative, ma la proposta di Antonio Ceglie, l’amministratore delegato delle Fiere di Parma, ci è parsa quella più concreta e ambiziosa. Insieme ci siamo dati l’obiettivo di far tornare Automotoretrò la fiera del settore più importante d’Italia”.
Com’è stata l’accoglienza del pubblico e degli addetti ai lavori?
“Organizzare quest’edizione ci ha costretti a fare i salti mortali. Abbiamo fatto tutto in un mese e mezzo. È stato un mezzo miracolo e di questo non posso che essere molto orgoglioso. Ma non posso neanche nascondere la mia rabbia nell’aver visto andare in fumo i nostri ultimi quindici anni di lavoro a Torino a causa dell’ingordigia della GL Events. La risposta del pubblico nel weekend è stata buona, considerato che Parma per noi è stato un nuovo inizio ed era inevitabile che non potessimo raggiungere all’esordio la nostra dimensione naturale. Chi ci conosce da molto tempo, però, conosce molto bene le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare. Confido nella fiducia degli appassionati che ci hanno sempre fatto sentire il loro calore e nel buon senso. Il nostro obiettivo è rimanere a Parma e far crescere la fiera il più possibile. Lavoreremo sodo, l’obiettivo di qui ai prossimi anni è riempire tutti i 130.000 metri quadri del quartiere fieristico”.