INDIPENDENZA NECESSARIA - Le auto elettriche sono ancora poche (leggi qui i dati ACEA sul circolante europeo), ma la domanda sembra in crescita e questo pone diversi interrogativi con uno preminente: l’Europa per quanto ancora sarà ‘schiava’ della Cina per le batterie al litio? L’associazione ambientalista Transport & Environment lancia una data non troppo lontana per essere indipendenti - il 2027 - ma indica negli USA un’altra realtà da tener d’occhio. La questione sta suscitando molto allarme e diversi commentatori pensano addirittura che lo stop ai motori termici dal 2035 sia un regalo fatto alla Cina per oscuri motivi. Questa tesi, che sa un po’ di complottismo, può essere smentita dal fatto che al 2050 il 67% delle vetture avrà ancora un motore a combustione (qui la notizia) e quindi l’industria ‘tradizionale’ farà ancora business con i ricambi e le riparazioni.
COMBATTERE L’IRA MA NON CON LA CALMA - La produzione delle batterie al litio - che sono presenti, ricordiamolo, anche nelle ibride e nelle plug-in - dovrà però aumentare molto per la crescente diffusione dei veicoli elettrificati e quindi occorre pensare già ora a produrre più batterie nel Vecchio Continente. T&E ritiene che già nel 2027 l’Unione Europea potrà liberarsi della sua dipendenza dalla Cina per quel che riguarda le celle agli ioni di litio usate per le batterie delle auto elettriche. Il cammino verso questa meta potrebbe però essere ostacolato dal faraonico piano degli Stati Uniti denominato Inflation Reduction Act - IRA - che è già stato accusato di essere protezionistico perché concede incentivo soltanto alle auto e ai componenti “made in USA” e che potrebbe sviare verso gli Stati Uniti importanti investimenti (qui la notizia). La soluzione potrebbe essere un’iniziativa politica capace di controbilanciare gli incentivi ai veicoli elettrici promossi dagli Stati Uniti con la strategia IRA.
CATODI E INVESTIMENTI - Quindi forse fra 4 anni l’Unione Europea potrà tagliare il cordone ombelicale che la lega alla Cina per le celle delle le batterie, ma esistono altri legami da recidere. T&E pensa infatti che i due terzi della domanda europea dei catodi - sono i poli negativi delle celle - potranno essere coperti dalla produzione continentale. Questi imprescindibili componenti contengono materie prime critiche (critical raw materials) fra le quali le famose terre rare per le quali la Cina ha un quasi monopolio. La stima di T&E deriva dai dati degli importanti progetti presentati da aziende quali Umicore (in Polonia), Northvolt (in Svezia) e BASF (in Germania). Queste iniziative potrebbero però concretizzarsi negli USA proprio per il potere di attrazione (leggansi, agevolazioni e incentivi) dell’Inflation Reduction Act. La dipendenza da Pechino c’è però non solo per le celle ma anche nei settori della raffinazione e lavorazione dei metalli utilizzati nelle batterie. Le previsioni di T&E indicano nel 2030 la data alla quale più del 50% della domanda europea di litio raffinato potrà essere soddisfatta dai progetti continentali. L'approvvigionamento delle materie prime avverrà in miniere che dovranno rispettare gli standard ambientali e sociali indicati previsti dallo EU Critical Raw Material Act in discussione a Bruxelles.
LA SOVRANITÀ VA RIBADITA - Veronica Aneris, direttrice di T&E Italia, lancia l’allarme: “L'Inflation Reduction Act ha cambiato le regole del gioco e quindi l'Europa deve garantire risorse se non vuole perdere, a favore degli Stati Uniti, gli impianti produttivi già previsti e i relativi nuovi posti di lavoro. Già oggi metà delle celle agli ioni di litio utilizzate nell'UE è prodotta nel Continente e per l'Italia è urgente sviluppare un piano che possa collocare l’industria nazionale in una posizione strategica in questa nuova catena del valore”. Il risultato potrebbe essere ottenuto con un Fondo Sovrano Europeo (ESF) per il sostegno alle tecnologie green da finanziare con l'emissione comune di obbligazioni. Questo perché la parità di condizioni per tutti gli Stati della UE eviterebbe che i Paesi con risorse maggiori traggano vantaggio offrendo aiuti alle loro aziende: si vuole evitare che i vari Stati possano andare in ordine sparso, come proposto dal presidente Macron per l’industria francese (qui per saperne di più). Il Fondo sarebbe ‘specchiato’ sull’IRA, supportando solo la produzione di veicoli elettrici, batterie ed energie rinnovabili.
DRITTI AL CUORE (DELLE AZIENDE) - A differenza dei finanziamenti previsti dal Next Generation EU, tuttavia, queste nuove risorse dovrebbero essere erogate direttamente alle imprese, velocizzando il processo di erogazione dei fondi perché non sia lento come quello del Recovery and Resilience Facility europeo. La spesa prevista per l’RRF appare inoltre priva di orientamento strategico mentre i fondi non solo sono lenti raggiungere le aziende ma non possono essere utilizzati per le garanzie bancarie a differenza di quel che avviene con i finanziamenti IRA. Occorrerebbe anche semplificare le norme UE in materia di aiuti di Stato mentre “L’ESF non dovrà essere per l’Italia un’occasione persa, come il PNRR, in materia di mobilità elettrica. I fondi dovranno essere indirizzati a quei settori realmente capaci di salvaguardare i posti di lavoro e la competitività dell’industria nazionale. La nostra analisi dimostra che c’è ancora molto potenziale da catturare nella costruzione della nuova filiera automotive europea”. Sarebbe veramente utile e benefico se l’occupazione persa per la conversione elettrica si potesse ritrovare nella nuova filiera - batterie, infrastrutture di ricarica, estrazioni minerarie e riciclo/riutilizzo - eliminando tensioni e difficoltà sociali.