MULTE PER 400 MILIONI - A due anni dalle prime accuse giunge al termine la controversia fra le autorità statunitensi e la FCA sulle emissioni inquinanti del motore diesel 3.0, dotato secondo l'ente per la protezione ambientale degli Stati Uniti (l’Epa) di un software per alterare le emissioni di ossido d’azoto, che in alcuni frangenti di guida sarebbero maggiori rispetto al limite di legge. Il costruttore ha annunciato nelle scorse ore di voler pagare 800 milioni di dollari per non far arrivare la vicenda nelle aule di tribunale: 400 milioni sono per pagare le sanzioni, gli altri per offrire un rimborso di 2800 dollari a cliente, estendere la garanzia delle circa 100.000 auto coinvolte e sostenere attività a favore dell’ambiente.
NON COLPEVOLE - In una nota la FCA ha spiegato che l’accordo con le autorità non “vale” come un’ammissione di colpevolezza, perché da parte dell’azienda non è mai stato messo in atto un “disegno per installare impianti di manipolazione per aggirare i test sulle emissioni”. Il costruttore paga il fatto di non avere dichiarato la presenza di tale software, come previsto dalla legge, che obbliga i produttori di automobili a comunicare alle autorità tutti i software di gestione presenti nel motore, anche quelli che entrano in funzione quando il motore raggiunge una determinata temperatura per trattenere le emissioni inquinanti, come nel caso del 3.0, installato sui modelli Jeep Grand Cherokee e Dodge Ram 1500 venduti negli Stati Uniti negli anni 2014, 2015 e 2016.