IL PROCESSO DELL’ANNO - In California è già stato soprannominato il processo dell’anno. Si tratta della causa di Google contro Uber, un complicato giudizio che riguarda la proprietà intellettuale sulle tecnologie di guida autonoma e che vede in gioco un risarcimento di un miliardo di dollari. Tutto comincia a inizio 2016 quando l’ingegnere Anthony Levandowski lascia Waymo, il ramo di Google che lavora sulla guida autonoma, per fondare la sua società Otto. Nell’agosto del 2016 la Otto viene acquistata da Uber per la bellezza di 590 milioni di dollari. Ed è qui le cose iniziano farsi pesanti, dato che Waymo accusa Levandowski di avere trafugato 14 mila file contenenti i segreti dei sensori laser montati sulle vetture, passandoli al nemico. A seguito di questa denuncia Uber ha licenziato Levandowski nel maggio del 2017, ma ormai il danno era fatto e la causa avviata.
LE PRIME TESTIMONIANZE - Ora si è arrivati al processo a San Francisco e sono emersi nuovi dettagli su quella che si annuncia una battaglia legale senza escussione di colpi. Levandowski non è imputato, ma subirà un processo separato più avanti. Dalle prime udienze si apprende che Levandowski ebbe i primi contatti con Uber già nel 2015 mentre stava lavorando per Waymo. Il “corteggiamento” fu portato avanti direttamente dal controverso ex Ceo di Uber, Travis Kalanick, che ha testimoniato in tribunale. È stato mostrato alla giuria uno scambio di messaggi colorati tra i due, con riferimenti a scene del film del 1987 Wall Street dove il protagonista parla dell’avidità come una cosa giusta e altri riferimenti alla necessità di vincere la “guerra” sulle auto a guida autonoma. Kalanick ha inoltre fornito un altro interessante sguardo nella vita dei vertici delle aziende della Silicon Valley. Si ricorreva spesso a “jam sesh” (riunioni per la raccolta di idee) dove però, almeno in questo caso particolare, si decideva come cercare di copiare (o rubare) le idee della concorrenza.
ESITI INCERTI - La tesi della difesa propone, invece, una visione di Waymo molto più opportunistica, accusando l’azienda di voler solo vendicarsi di un concorrente afferrato come Uber. Siamo però solo agli inizi, il processo e le testimonianze in aula potrebbero durare più di un mese e gli esiti della sentenza potrebbero avere conseguenze pesanti sul futuro dei progetti riguardanti la guida autonoma dei due colossi dell’high-tech.