TEMPI DURI - L'Alfa Romeo “non è in vendita”. Con queste parole Sergio Marchionne ha messo a tacere le indiscrezioni apparse sul Financial Times il mese scorso, che chiamavano in causa pure il gruppo Volkswagen (leggi qui la news).
Ma gli “alfisti” non possono certo dormire sonni tranquilli. Dal Salone di Detroit, dove l'amministratore delegato di Fiat ha mostrato a una delegazione di parlamentari americani i nuovi prodotti Chrysler, compreso il prototipo di Crhysler derivato dalla Delta (lo vedi qui), arriva anche un monito: attraverso le colonne del Sole 24 Ore dice: “dobbiamo ridimensionare le aspettative dell'Alfa Romeo e farla ripartire da basi solide”. Ovvero, per il Biscione si annunciano tempi duri.
BASTA PERDITE - Marchionne è stato chiaro: l'Alfa Romeo non si può nascondere dietro al suo passato glorioso. La realtà di oggi è quella di una Casa in crisi, che ha cercato negli ultimi anni il rilancio senza mai riuscirci completamente. Il messaggio è chiaro: “basta accumulare perdite”. Il Biscione avrebbe perso negli ultimi 10 anni tra i 200 e i 400 milioni di euro l'anno e il progetto della 159 sarebbe costato un miliardo di euro.
Un investimento che Marchionne non è intenzionato a ripetere in futuro “per nulla al mondo”. Come riporta il Corriere della Sera Marchionne pensa che "bisogna andar cauti: sento favoleggiare di segmenti D ed E di ammiraglie, di sfidare le BMW Serie 5 e 7 e le altre gamme più sofisticate. Con quali prodotti, con quali prospettive di mercato?". Si allontanano così dall'orizzonte progetti come l'edere della 166 o una Suv dell'Alfa Romeo, tipologie di auto nelle quali i soliti tedeschi (Audi, BMW e Mercedes) la fanno da padroni e contro i quali il Biscione non avrebbe le energie necessarie per competere.
PROGRAMMI CONVINCENTI - Quella di Marchionne non è, però, una bocciatura su tutti i fronti: della MiTo si ritiene soddisfatto e sulla Giulietta (nella foto in alto, un particolare ) appare fiducioso. Insomma, il top manager ha fatto capire che l'Alfa Romeo sarà gestita con la testa e non con il cuore: lui è “pronto a investire, ma non in modo scriteriato”, la squadra di persone che lavora con lui dovrà solo convincerlo “con programmi credibili”. Che avranno costi industriali sostenibili per le finanze del gruppo Fiat e potranno ritagliarsi il giusto spazio nelle vendite.
TERMINI IMERESE - Da Detroit, Sergio Marchionne ha anche confermato la chiusura dello stabilimento di Termini Imerese entro il 2012 quando l'attuale Lancia Ypsilon non verrà più prodotta. Una scelta impopolare, ma resa necessaria nella logica delle economie di scala di un gruppo internazionale come la Fiat. E “tema caldo” nel piano industriale presentato al Governo (leggi qui la news).
Come reazione alla dichiarazione di Marchionne, stamane sono iniziate le proteste: alcuni reparti dello stabilimento di Termini Imerese si sono fermati per un'ora. Mentre per domani è in programma uno sciopero di 8 ore proclamato da Fim, Fiom e Uilm, con manifestazione in piazza a Palermo.
QUALE FUTURO? - Il mese scorso erano giunte indiscrezioni secondo le quali allo stabilimento siciliano fossero interessate le indiane Tata e Mahindra (leggi qui la news) e la cinese Chery (leggi qui per saperne di più). Voci che non sono state confermate, e alle quali se ne sono aggiunte altre, ultima in ordine di tempo quella di una cordata di imprenditori italiani, guidati da Simone Cimini, per avviare la produzione di auto ecologiche.