INCERTEZZA SULL’ELETTRICO - Il calo della domanda di veicoli elettrici ha portato il Gruppo BMW a sospendere un investimento di oltre 700 milioni di euro che avrebbe dovuto essere destinato all’impianto di assemblaggio della Mini nei pressi di Oxford, in Inghilterra. Nei piani iniziali, la fabbrica inglese avrebbe dovuto produrre entro il 2030 solamente vetture elettriche (qui per saperne di più). Tuttavia il gruppo tedesco, che possiede la Mini dal 2000, sta ora rivedendo i tempi per introdurre oltremanica la produzione della citycar elettrica (che attualmente viene costruita in Cina su una piattaforma sviluppata con la Great Wall). Il motivo? “Le molteplici incertezze che deve affrontare l’industria automobilistica”, spiega un comunicato dell’azienda.
NIENTE INCENTIVO STATALE - Il gruppo BMW ha già informato della decisione il governo del Regno Unito, che avrebbe sostenuto l’investimento anche per la promessa di poter garantire 4.000 posti di lavoro nella produzione di veicoli elettrici. Degli oltre 700 milioni di euro investiti, mancherà quindi certamente la parte della sovvenzione statale, ma il costruttore specifica che buona parte dell’investimento sta comunque procedendo “per rendere l’impianto pronto per il futuro”. Lo stabilimento non riceverà perciò per il momento la produzione della Mini elettrica, continuando a produrre le vetture con i motori a combustione interna.
RESTA CINESE - La Mini elettrica continuerà quindi anche nel prossimo futuro a essere soggetta ai dazi che la Commissione Europea ha introdotto per le vetture a batteria prodotte in Cina, che per la Mini ammontano al 20,7%. Il gruppo BMW, insieme alla Tesla e diverse case cinesi si sono rivolte alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per provare a rimuovere le tariffe aggiuntive (qui la notizia). Tuttavia per il momento i dazi restano, rendendo la tre porte elettrica (e anche la nuova Aceman costruita anch’essa nello stesso stabilimento in Cina) meno competitiva rispetto ad altri modelli.