L’antenata dell’attuale Mini nasce nel pieno della crisi petrolifera seguita all’occupazione del canale di Suez nel 1956. La necessità di contenere i consumi delle auto spinse sir Leonard Lord (numero uno della Morris) a commissionare al suo ingegnere più esperto il progetto di una vettura da città piccola ed efficiente, ma in grado di trasportare quattro adulti. Così, dalla matita di sir Alec Issigonis nacque il primo bozzetto (realizzato, secondo la leggenda, su un tovagliolo) di quella che sarebbe stata l’Austin Seven (o Morris Mini Minor, a seconda del marchio utilizzato per la sua commercializzazione), pronta al debutto nel 1959. Per contenere gli ingombri, l’idea geniale fu di disporre il motore in posizione trasversale, abbinato ovviamente alla trazione anteriore. All’inizio la piccola inglese fece un po’ di fatica a conquistare il pubblico, ma poi, forte anche delle doti di agilità e tenuta di strada, fu un successo. E non mancarono le versioni sportive Mini Cooper e da gara, con addirittura tre vittorie assolute nel rally di Montecarlo, né le varianti con la “coda” o famigliare (l’antenata dell’attuale Clubman). Ma è solo nel 1969 che il nome Mini diventò un marchio, mentre tra il 1965 e il 1975 l’auto fu prodotta anche in Italia, su licenza, dalla Innocenti di Lambrate. Dopo alterne vicissitudini, nel 1994 il marchio inglese passò nelle mani della BMW, che rilevò l’intero gruppo Rover, di cui la Mini faceva parte. Si può dire così iniziata l’era moderna per il marchio di Oxford, che in poco meno di venti anni ha dato vita a tre generazioni di modelli (la prima è del 2001, la seconda del 2007 e la terza del 2015) declinati in diverse varianti: dalla classica tre porte, alla versione “famigliare” Clubman, passando per la Cabrio e per le versioni crossover Countryman e Paceman. Negli anni le dimensioni sono cresciute, e le lunghezze hanno superato in molti casi la soglia dei quattro metri. Ma l’agilità resta sempre uno dei fiori all’occhiello delle “piccole” inglesi.