Per 6.000 euro in più
Le tre parole
John Cooper Works (le prime due sono il nome dello storico elaboratore e costruttore di vetture da corsa inglese) identificano le
Mini più “pepate”: questa tre porte che promette quasi 250 km/h si riconosce a prima vista per i paraurti specifici (portano la lunghezza a 387 cm e si possono avere come optional anche sulla meno costosa Cooper S), con una presa d'aria supplementare al posto del fendinebbia sinistro (che non si può avere neppure pagando). Si tratta di una versione “pompata” della Cooper S (meno cara di 6.000 euro), dalla quale differisce per alcuni particolari. Il motore rimane il conosciuto 2 litri a iniezione diretta di benzina, che però su questa JCW sviluppa 231 anziché 192 CV. Il cambio è manuale a sei marce o automatico a convertitore di coppia (costa 1.900 euro, e secondo la casa permette di coprire lo “0-100” in 6,1 secondi invece che in 6,3).
Sedili specifici
A bordo, balzano all'occhio i sedili con poggiatesta integrato (rivestiti in pelle da 1.270 euro): specifici per la Mini John Cooper Works, mantengono la pratica seduta estensibile e l'inclinazione dello schienale a leva (anziché con una più precisa rotella) di quelli della Cooper S, ma sono più avvolgenti per il busto. Notevole, per un'utilitaria, la qualità delle finiture e dei materiali. Più ricca che nella Cooper S (ma comunque tutt'altro che generosa) la dotazione: il “clima” automatico bizona si paga 380 euro, il navigatore almeno 820 euro, i sensori di distanza partono da 360 euro e il computer di bordo ne costa 165. Calcolatrice alla mano, a parità di equipaggiamento la differenza di prezzo fra una Cooper S e una JCW è ragionevole: 1.400 euro. Ovviamente, non manca la possibilità di attingere allo sterminato catalogo delle personalizzazioni per rendere unica questa Mini: si va da “classici” come le strisce sul cofano (115 euro) ai particolari colorati sparsi nell'abitacolo (105 euro). Quello che non può cambiare è (ovviamente) lo spazio interno: i due posti dietro sono piccoli e il baule (211 litri) è risicato (ci sono citycar che offrono di più).
Cambia poco, ma dove serve
Le modifiche che hanno portato la Mini Cooper S a diventare John Cooper Works non sono molte, ma mirate. La trasmissione manuale presenta un rapporto finale più corto per favorire lo scatto da fermo e la ripresa, mentre il cambio ha la terza, la quarta e la quinta marcia più lunghe per non far salire troppo i consumi; un turbo specifico e una nuova mappatura del motore provvedono a fornire i 39 cavalli “extra”; le pinze dei freni sono ora marchiate Brembo (più grandi, richiedono cerchi specifici per evitare interferenze con le razze); l'assetto di serie è quello sportivo che, sulla Cooper S, è offerto come optional a 205 euro. Rispetto alla “sorella” da 192 CV, la potenza massima viene erogata a un regime di 500 giri più alto (5200-6000 anziché 4700-6000) e lo scarico specifico, più libero, dà la sensazione di un'auto “sanguigna” e reattiva, specialmente posizionando su Sport il Mini Driving Mode (di serie, è il “rotellone”, alla base della leva del cambio, che permette di scegliere fra tre modalità di guida). In questo settaggio, il pedale dell'acceleratore diventa più reattivo e un dispositivo elettronico si attiva per riportare nell'abitacolo il suono del motore. Dato che la produzione delle JCW con cambio manuale inizierà solo fra qualche settimana, abbiamo potuto “assaggiare” solo la versione con il cambio automatico.
Sportiva lei, non le gomme
Le modifiche hanno donato al 2.0 più personalità: benché, in modalità Sport, le riprese siano vigorose già dai 2000 giri, si è invogliati a “tirare” le marce (selezionabili anche dal volante) alla ricerca della zona alta del contagiri. L'assetto sportivo e i cerchi di 18'' (820 euro) rendono la Mini John Cooper Works una “tavola” (ma ci sono rivali più scomode...): se l'asfalto non è liscio, si “balla” un po'. A maggior ragione stupisce quindi la scelta della casa di calzare questa JCW con gomme non sportive (Pirelli Cinturato P7, di tipo runflat, anche con i cerchi di 18''): il risultato è che, già nella guida solo un po’ “allegra” (ma non ancora “con il coltello fra i denti”), i pneumatici arrivano ben presto al limite dell'aderenza, facendo scivolare il muso verso l'esterno della curva. Le cose migliorano un po' selezionando la modalità Dynamic dell'Esp: le “briglie” dell'elettronica si allentano, permettendo di “chiudere” la traiettoria con le ruote posteriori in tutta sicurezza e in maniera rapida ma progressiva. Così facendo, però, nei percorsi tortuosi si passa continuamente dall'allargare la traiettoria con il muso al farlo con la coda: un comportamento poco omogeneo e poco redditizio, condito da abbondanti e spiacevoli sibili dalle gomme anche su asfalto rugoso (in curva come nelle frenate più decise). Peccato, perché lo sterzo è piuttosto diretto e preciso e senza quella artificiosa pesantezza di alcune rivali.
Un valido automatico
Uscendo “a cannone” dalle curve, l'elettronica deve fare gli straordinari per cercare di scaricare a terra i 320 Nm di coppia: in questi frangenti un vero differenziale autobloccante avrebbe fatto la differenza. Sulla JCW (come sulle altre Mini) ci si deve invece accontentare del sistema che ne simula la presenza frenando leggermente la ruota interna che pattina (trasferendo così una parte della potenza all'altra dello ruota stesso asse). Avendola provata solo su un breve percorso molto tortuoso e stretto, non ci sentiamo di sbilanciarci in giudizi sulla resistenza alla fatica dei nuovi freni, che si apprezzano per la modulabilità e per la corsa breve del pedale. Non delude, per parte sua, l’automatico: sufficientemente rapido nelle cambiate, in modalità manuale tiene il rapporto senza passare a quello successivo. Solo in scalata mostra, a volte, qualche incertezza, rifiutando il comando impartito (che, però, viene tenuto in memoria per inserire il rapporto inferiore non appena possibile senza rischi per la meccanica).
Secondo noi
PREGI
> Cambio automatico. In attesa di guidare la versione col cambio manuale, possiamo dire che quello automatico non delude.
> Personalizzazione. Come ogni Mini, ci si può “cucire” addosso anche la JCW, attingendo dall'ampio catalogo degli accessori.
> Prestazioni. Il 2.0 turbo spinge forte già ai bassi regimi.
DIFETTI
> Pneumatici. Un'auto che vuole essere “speciale” non dovrebbe accontentarsi di gomme "normali": soprattutto se fornite con sovrapprezzo, assieme ai cerchi maggiorati da 820 euro.
> Spazio. La Mini non è più così… “mini”, però ha quattro soli posti e il bagagliaio è meno generoso di quello di alcune citycar più corte.
> Unicità. Escludendo pinze dei freni e cambio manuale, le altre modifiche non sono “di sostanza”; e molte (come i paraurti più aggressivi e l'assetto sportivo) si possono avere come optional anche sulle Mini meno potenti.