L'azienda che, per antonomasia, “produce le auto di James Bond”, nasce nel 1913 come concessionaria Bamford & Martin per vetture Singer. A fondarla sono il meccanico Robert Bamford e il pilota Lionel Martin, che si mettono presto in luce per le elaborazioni sportive proprio delle Singer, portate sui campi di gara dallo stesso Martin. E dopo la sua vittoria alla cronoscalata Londra-Aston Clinton, arriva il nuovo nome della società: Aston Martin.
Nel 1920 Bamford lascia l’azienda a Martin, che riesce a proseguire l’attività grazie all’aiuto finanziario del nobile franco-polacco Luis Vorov Zborowski. Ma cinque anni più tardi la società in liquidazione viene rilevata da un’altra azienda animata dall’italiano Augusto Cesare Bertelli, che ne prosegue l’attività agonistica.
Dopo vari passaggi di mano, nel 1947 l’imprenditore David Brown acquista l’Aston Martin, imprimendole una svolta decisiva: orienta la produzione verso le sportive di lusso e di grossa cilindrata. Per tale ragione acquista l'inglese Lagonda, che disponeva di un valido sei cilindri, e stringe accordi con la milanese Touring per utilizzare la celebre struttura tubolare per la carrozzeria in pannelli d’alluminio denominata Superleggera. Da qui, ha inizio la fortunata serie delle granturismo DB (dalle iniziali di David Brown).
Al 1987 risale l'ingresso della Ford: fino al 2006 l'Aston Martin ne è emanazione di lusso al pari di Jaguar. In questi anni viene realizzata la DB7, un autentico successo commerciale. Nel 2007, in seguito al riassetto finanziario del gruppo americano, il marchio viene acquistato da una cordata di investitori capitanata da David Richards (autore dei successi nei rally della Subaru). Nel 2012, è il fondo Investindustrial della famiglia Bonomi a diventare socio di riferimento: ancora una volta gli italiani salvano l’Aston Martin. Nell’impegno per il rilancio del marchio inglese, la nuova proprietà coinvolge la Mercedes-Benz, che a sua volta entra nell’azionariato della casa. Il primo vero frutto del nuovo corso è la DB11 del 2016, ma non basta: nel secondo decennio degli anni 2000, i bilanci restano quasi sempre in rosso.
La casa decide comunque di studiare e lanciare la prima suv del marchio, la DBX, che viene prodotta in un nuovo stabilimento gallese appositamente realizzato. Nel 2020, poi, arriva il riassetto societario: il miliardario canadese Lawrence Stroll, padre del pilota di F1 Lance e grande appassionato, insieme ad altri imprenditori (incluso Toto Wolff, il numero uno di Mercedes-AMG Petronas Motorsport) acquistano il 25% della casa britannica, portando 500 milioni di sterline nelle casse dell'azienda. Bonomi esce definitivamente, vendendo le sue quote, a fine 2020. Nel 2018, Stroll aveva acquisito la scuderia di F1 Force India nel 2018; nel 2021, la rinomina Aston Martin.