PROMOSSA SUL CAMPO - Non sono mancati gli sguardi di sufficienza nel paddock del Nürburgring: provenivano soprattutto dai gruppetti di appassionati “corredati” di Volkswagen Golf e Scirocco, o di aggressive Renault Clio RS messe da pista e con tanto di roll-bar. Ma, dopo avere visto la nostra Mini Roadster in azione, qualcuno è venuto addirittura a complimentarsi, come quel pilota svizzero alla guida di una Honda Civic Type “R” elaborata che ha provato a seguirci - peraltro senza successo - nella parte mista finale del circuito.
ASSETTO IMPERFETTO - A onor del vero, sui saliscendi della Nordschleife la “scoperta” anglo-tedesca mostra parecchi limiti di assetto: rigida e “saltellante” sulle più marcate malformazioni dell’asfalto a bassa andatura, risulta oscillante e mal smorzata di sospensioni quando si spinge a fondo e la sede stradale è tormentata da ondulazioni e gibbosità. Se a questo si aggiunge che il retrotreno si alleggerisce parecchio quando si guida con decisione e che la vettura mostra una marcata tendenza al sovrasterzo (specie nei repentini cambiamenti di direzione), si comprende che, portarla al limite al Ring, non sia fra le cose più facili.
È PREVEDIBILE E NON FA SCHERZI - Tuttavia, la piccola scoperta anglo-tedesca ha il pregio di essere sincera e ha il buon gusto di avvertire con congruo anticipo quando sta per
perdere aderenza, dando modo al pilota di prendere le dovute contromisure. In aggiunta, lo sterzo piacevolmente pronto e duttile fra le mani (anche se talvolta un po’ leggero…) e le dimensioni compatte garantiscono inserimenti in curva davvero rapidi, assieme alla forte sensazione di essere alla guida di un go-kart. Per quanto i freni non impressionino per potenza, convincono sul fronte della resistenza all’impiego sportivo. Peccato solo che l’Abs entri in azione precocemente, penalizzando la qualità della decelerazione.
BRILLANTE COME UNA SPORTIVA - La carta più convincente di questa
Mini Roadster risiede nel 1.6 a benzina sovralimentato, capace di fornire
184 CV con grinta ma anche con piacevole elasticità. L’erogazione, corposa quasi come quella di un motore diesel fin da 2200 giri, a 4500 giri cambia temperamento, per distendersi quasi con veemenza fino a 6800 giri, dove interviene il
limitatore. Il tutto ben sfruttato da un cambio a sei rapporti abbastanza lunghi e dagli innesti netti, che, però, prima di superare i 2500 km, ha accusato qualche problema nell’inserimento della seconda. A conti fatti, la
maneggevolezza e il motore sono i principali protagonisti del buon tempo rilevato “bridge to bridge” sulla Nordschleife: 8’43”1: molto meglio di quello spuntato da svariate velleitarie sportivette…
SOTTO C’È LA COUPÉ - La
Mini Roadster è direttamente derivata dalla Mini Coupé, con la quale condivide il frontale e il piccolo spoiler in coda che fuoriesce una volta superati gli 80 km/h. Peccato che a causa del tetto in tela, vanti meno personalità della versione chiusa. Di serie, la
capote ha l’apertura manuale (si fissa e si sblocca con una leva sopra il parabrezza, e si raccoglie a fisarmonica dietro i roll-bar di sicurezza), oppure – a richiesta – semiautomatica. L’abitacolo, anch’esso derivato da quello della Coupé, ha
due posti secchi, mentre il baule è sostanzialmente più ampio di quello della Mini berlina. La posizione di guida risulta quasi rialzata per questo tipo di vettura, mentre i sedili, che offrono una corretta impostazione, hanno il solo difetto di non trattenere bene il corpo in curva. Da criticare, infine, le centine in acciaio che mantengono tesa la capote in tela: sono sprovviste di protezioni e si trovano (pericolosamente) in corrispondenza della testa dei due occupanti.
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