CONTRASTO EVIDENTE - La contrapposizione fra industria dell’automobile e l’Unione Europea, complici le difficoltà dovute alla pandemia, ha raggiunto un nuovo picco in merito alle normative Euro 7 che dovrebbero entrare in vigore nel 2025. Il tutto nasce dalla proposta dell’European Advisory Group on Vehicle Emissions (AGVES), così restrittiva da equivalere, in pratica, a un veto sui motori a combustione (qui per saperne di più). Dal quel fatidico novembre 2020 le reazioni contrarie a quell’ipotesi, a livello sia politico sia industriale, si sono susseguite vivacemente. Questa levata di scudi ha forse sortito un effetto, dato che la stessa AGVES ipotizza un certo ammorbidimento dei limiti ipotizzati.
CONTRO LE LEGGI DELLA FISICA - Il limite per gli ossidi d’azoto NOx, per esempio, potrebbe essere di 30 milligrammi/km - per le automobili e i commerciali leggeri - invece dei paventati 10 mg/km. Altri “ammorbidimenti” sono stati la conservazione di tolleranze per le emissioni in condizioni particolari, come i veicoli più pesanti o la presenza di rimorchi. La proposta originaria prevedeva infatti che i limiti fossero gli stessi in ogni condizione. Un’altra retromarcia è stata sulle fasi transitorie, come le partenze a freddo o i tragitti brevi: ora vengono valutate non da sole, come nella proposta originaria, ma inserite in un ciclo. Le voci contrarie dei costruttori sono state unanimi: per esempio il ceo di Stellantis, Carlos Tavares, ha detto che “allo stato attuale, lo standard Euro 7 va oltre le regole della fisica”. Anche il ministro francese dell’Economia, Bruno Le Maire, non si è nascosto dietro alle parole quando ha detto a Le Figaro: “Gli standard ambientali europei devono rimanere un fattore di incentivo, non distruttivo per la nostra industria. Ci sono trattative sull’Euro 7 e alcune delle proposte che circolano sono eccessive. I nostri costruttori non saranno in grado di tenere il passo”.
INDUSTRIA A RISCHIO - Sulla stessa linea il Ministro dei trasporti tedesco Andreas Scheuer: “vogliamo standard anche audaci ma raggiungibili. Si rischia di perdere l'industria automobilistica europea perché potrebbe emigrare altrove”. Il presidente dell’associazione dell’automotive tedesco VDA, Hildegard Müller, ha rilanciato dicendo che “la Commissione Europea si è resa conto che certi limiti erano tecnicamente irraggiungibili. Il problema per il clima sono i carburanti fossili più dei motori. I carburanti sintetici (e-Fuel) potrebbero dare un grande contributo ad una mobilità neutra verso il clima”.
LE ESIGENZE DELL’AMBIENTE - In realtà esiste un certo numero di paesi comunitari (Olanda, Austria, Belgio, Danimarca, Grecia, Malta, Lituania, Lussemburgo e Irlanda) che premono perché la Commissione Europea decida una data di fine per produzione e vendita, in Europa, delle auto con motori a combustione. Il settore dei trasporti è infatti responsabile del 25% delle emissioni di gas serra europee. Anche se le automobili moderne sono molto più pulite, l’aria nelle grandi città è ancora inquinata. Uno studio del 2020 della European Environmental Agency attribuisce infatti all’inquinamento atmosferico 379.000 morti premature nell’Unione Europea. Si suggerisce inoltre di raggiungere le zero emissioni entro il 2035 per le auto e i furgoni ed entro il 2040 per i camion, con le norme Euro 7 viste come transitorie verso questo traguardo. Anche gli e-Fuel, per quanto neutri dal punto di vista delle emissioni di gas serra, sono poco efficienti dal punto di vista energetico.
EFFICIENZA CONTROVERSA - La realizzazione dei carburanti sintetici prevede infatti di catturare anidride carbonica atmosferica, estrarne il carbonio e combinarlo con idrogeno (ottenuto a sua volta dall’elettrolisi dell’acqua) per ottenere idrocarburi. Essi, bruciando, restituiranno quindi l’anidride carbonica usata per produrli. Come puntualizzato dall’International Council on Clean Transportation, è vero che questo meccanismo reimmette nell’aria composti del carbonio che erano già presenti nell’aria stessa, ma si tratta di un processo che spreca molta energia. Anche partendo da energie rinnovabili occorre catturare CO2, estrarne il carbonio, combinarlo con idrogeno a sua volta estratto dall’acqua e bruciare il carburante così ottenuto in un motore già di suo non molto efficiente. Il rendimento complessivo è di circa il 16% contro il 72% ottenuto dalla stessa energia verde utilizzata per caricare un ben più efficiente veicolo elettrico. Il calcolo non tiene conto delle perdite - circa il 6% - nel trasporto/distribuzione dell’elettricità, considerate simili a quelle del trasporto dell’e-Fuel. Se pensiamo che ogni spreco di energia equivale ad emissioni di CO2, anche i carburanti sintetici appaiono quindi non molto risolutivi. Le voci a favore e contro delle varie soluzioni sono quindi diverse. Se le prime ipotesi per le norme Euro 7 erano irrealistiche, l’aria delle città ha comunque bisogno di una terapia d’urto per migliorare in maniera sostanziale.