PER IL SINDACO DI ROMA SONO ROTTAMI - Classificate con l’assai poco lusinghiera etichetta di rottami, le auto d’epoca a Roma ora non possono più mettere ruota. L’ordinanza numero 27, firmata dal sindaco, Roberto Gualtieri, dallo scorso 28 febbraio equipara i mezzi storici a tutti gli altri veicoli a benzina fino a Euro 2 e a gasolio fino a Euro 3, considerati inquinanti. Il risultato? Nella nuova “fascia verde” della capitale - che ora che si estende fin quasi al raccordo anulare, è diventata la più grande d’Europa - le auto classiche non potranno più circolare.
NESSUNA DEROGA - I decreti e le delibere emessi da Regione e Giunta Regionale del Lazio, Città Metropolitana e Comune di Roma che impediscono la circolazione dei veicoli storici non fanno alcuna distinzione tra auto semplicemente “vecchie” e modelli di effettivo interesse storico. A Roma, in pratica, i certificati di storicità rilasciati dall'Asi (Automotoclub storico italiano), dai registri nazionali Alfa Romeo, Fiat e Lancia e da tutti gli enti certificatori di veicoli storici previsti dall'articolo 60 del Codice della strada sono considerati carta straccia.
UNO “SCHIAFFO” INGIUSTIFICATO - Finora, le richieste da parte delle istituzioni più importanti del settore di una modifica dell’ordinanza che contempli delle deroghe per tutelare le auto storiche sono rimaste inascoltate dalla giunta comunale e regionale. Così come lettera morta sono caduti gli appelli al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Per il mondo del vintage su ruote quello inferto dal Comune di Roma e dalla Regione Lazio è un colpo durissimo. Uno schiaffo sonoro apparentemente ingiustificato: i numeri, infatti, dicono che nella capitale le auto d’epoca sono appena 9.945 in una platea di oltre 4 milioni di veicoli. Si tratta dello 0,25% del totale e di mezzi che, sul suolo cittadino, percorrono all’anno lo 0,014% dei chilometri macinati nello stesso periodo dai veicoli d'uso quotidiano.
A RISCHIO C’È UN INDOTTO ENORME - Oltre che su questi dati, inequivocabili nel dare una misura dell’assoluta marginalità della quota di inquinamento atmosferico attribuibile alle auto d’epoca, per provare a scongiurarne il divieto a Roma, l’Asi e gli altri enti attivi nella tutela del motorismo storico italiano, come Aci Storico, nei loro appelli all'amministrazione capitolina, fanno leva sul fatto che si tratta, nella stragrande maggioranza dei casi, di auto da collezione. Macchine, quindi, usate solo sporadicamente, oltre che mantenute costantemente in efficienza dai loro proprietari. In questo quadro non può essere tralasciato nemmeno il cospicuo indotto economico generato dal settore delle auto classiche, la cui lunga filiera è composta da officine e carrozzerie specializzate, artigiani, organizzatori di eventi e raduni. La speranza delle associazioni, ora, è che nella capitale venga applicato un modello simile a quello adottato dalla Regione Lombardia, Piemonte, dal Comune di Milano, di Genova, Torino e tanti altri, dove le auto d’epoca, anche se non sempre, possono circolare.