RISPOSTA ENTRO FINE LUGLIO - Il Ministro dell’Ambiente sudcoreano comunicherà entro fine luglio se punire il gruppo Volkswagen in seguito a presunti documenti su emissioni e livelli di rumore creati ad arte per ottenere il via libera all'omologazione delle auto nel paese. Il Ministro Yoon Seong-Kyu ha indetto una conferenza stampa per venerdì 22 luglio, ma non è chiaro se in quella data verranno comunicati gli eventuali provvedimenti: fra questi c’è anche la revoca della certificazione assegnata a 32 modelli, la gran parte dei quali (27) sono oggi a listino. In tal caso l’azienda sarà costretta a fermare le vendite delle automobili sottoposte alla misura, ma resta da capire cosa succederà a quelle non più in commercio.
DOCUMENTI FALSI - Il gruppo Volkswagen è presente in Sud Corea con i marchi Audi, Bentley e Volkswagen. Alcuni funzionari dell’Audi e della Volkswagen hanno rimandato ogni commento, in attesa di conoscere la decisione del Ministro. La vicenda rappresenta un altro fronte del cosiddetto Dieselgate, lo scandalo legato alle emissioni fuori norma di ossido d’azoto registrate su alcune vetture del gruppo con motori diesel. Gli inquirenti sud coreani hanno già disposto l’arresto di un manager, accusato di aver violato le leggi locali in materia di ambiente e di aver prodotto documenti falsi, che attestavano livelli inquinanti e di rumore inferiori rispetto al reale.
LA NISSAN GIÀ PUNITA - Un provvedimento analogo risale ad inizio giugno, quando il Ministro obbligò la Nissan a richiamare tutte le Qasqhai vendute nel paese (814) e proibì di venderne ulteriori esemplari, dopo che all’azienda era stata contestata l'installazione sulle auto di un dispositivo per ridurre le emissioni inquinanti. La Nissan venne multata in quell’occasione di circa 260.000 euro. L’accusa intentò poi un procedimento disciplinare nei confronti di Takehiko Kikuchi, a capo della filiale sudcoreana dell’azienda. Il Ministero passò all’azione dopo aver effettuato una serie di indagini su 20 automobili a gasolio, vendute fra novembre 2015 e l’11 maggio 2016, con l’obiettivo di accertare la presenza del famigerato dispositivo per alterare il funzionamento del motore. La Nissan ha contestato i risultati dell’indagine.