All'Hungaroring si è corso per la prima volta nel 1986, portando la Formula 1 dall'altra parte della Cortina di Ferro: oggi come allora, sorpassare è molto arduo, e le temperature sono elevate, sottoponendo il fisico dei piloti a dura prova. Da segnalare che la curva 4 è cieca in entrata, e raccordarsi alla curva 5 destrorsa richiede sensibilità di guida ed esperienza. Tra le vittorie illustri in Ungheria, quella di Nigel Mansell sulla Ferrari nel 1989, quando l'inglese partì dodicesimo e vinse con un sorpasso da manuale su Ayrton Senna su McLaren; l'anno successivo, il brasiliano, dopo avere speronato la Benetton di Sandro Nannini, dovette soccombere a un Thierry Boutsen (Williams) in stato di grazia. Il 1997 sembra arridere a Damon Hill, che probabilmente corre sulla Arrows la gara più bella della propria carriera: all'ultimo giro un problema idraulico lo rallenta a tal punto da servire sul piatto d'argento la vittoria a un incredulo Jacques Villeneuve, mentre nel 2006 è Jenson Button a rompere il ghiaccio in un'edizione movimentata dalla pioggia e lo stesso fa nel 2008 il finlandese Heikki Kovalainen, regalandosi l'unica affermazione in carriera. Nel 2019 l'avversario del solito Hamilton non è stata la Ferrari e neanche il compagno di squadra Bottas, ma la Red Bull di un Max Verstappen in grande crescita. Verstappen che nonostante la partenza in pole e un'ottima strategia di gara, che ha permesso all'olandese di rientrare dai pit stop con 6 secondi di vantaggio sul campione britannico. La Mercedes allora ha ordinato un pit stop extra per montare le gomme medie, mentre per la Red Bull, a tre giri dalla fine, non c'era più tempo per fare altrettanto. Così Hamilton alla fine ha avuto la meglio.